Seconda ed ultima regia cinematografica di Ettore Giannini dopo Gli uomini sono nemici (co-diretto a quattro mani con Henry Calef), Carosello napoletano è l’effervescente commedia musicale riproposta nella sezione del Cinema Ritrovato “Napoli che canta”, in una nuova versione restaurata che omaggia la napoletanità e la magia del musical italiano. Vero e proprio atto d’amore nei confronti della città di Partenope, Carosello napoletano rappresenta un unicum all’interno della cinematografia italiana e, seppur non privo di richiami al tripudio coloristico di Vincente Minnelli e all’euforia coreografica di Stanley Donen, possiede la natura scanzonata e la leggerezza della commedia che scansa qualsiasi tentazione “strapaesana” per ricondurre il racconto entro i confini sfumati dell’opera funambolica, in bilico tra realtà folcloristica e sogno etnografico.
Brillante e seducente nell’estetica, compatta ed omogenea nella fedele restituzione degli elementi caratteristici della cultura napoletana – dalla maschera di Pulcinella che, prima di morire e risorgere, si umanizza uscendo da un teatro dei burattini, all’epifanica scoperta del presepio da parte del figlio del protagonista Salvatore Esposito (Paolo Stoppa) – l’opera di Giannini salda in un equilibrio sospeso “l’oro di Napoli” e le sue sventure, le dominazioni storiche e i costumi appassionati di una terra di “abusivi”, termine con il quale viene definito il verace storyteller che viaggia sul carretto con la famiglia al seguito. “That’s entertainment”, recita il titolo della canzone scritta da Howard Dietz e da Arthur Schwartz per Spettacolo di varietà, ma nel film non è la sola meraviglia scenografica e musicale a sfrigolare con ritmi incalzanti, giacché si agita e ribolle insieme al sogno anche la Storia vivida e crudele che narra attraverso gli inserti musicali (Michelemmà, Funiculì Funiculà, Santa Lucia lontana, 'O surdato 'nnammurato) la resistenza e l’ardore di un popolo fiero, capace di ridere di se stesso e di sopravvivere alle avversità della vita.
E come dice Salvatore, il pittoresco cantastorie, “Qua ci stanno trecient’anni di canzoni di Napoli”, cantate e ballate, immerse in un baluginio lirico ricolmo di poesia, valorizzate dagli splendidi costumi di Maria de Matteis e dall’eleganza delle scenografie che richiamano il gusto del musical americano. Carosello napoletano pur essendo un’opera derivativa è capace di ridisegnare, attraverso l’impeto vitalistico degli indimenticabili personaggi e delle loro storie appassionate, un mondo a parte che lega le canzoni senza tempo agli umori dei singoli personaggi in un tourbillon di immagini che incarnano la natura ineffabile di una folcloristica e scanzonata rêverie.