Dirigere capolavori era quasi la norma per Robert Aldrich, il cineasta che, nel corso della sua trentennale carriera, ha realizzato film incredibili come Un bacio e una pistola o L’imperatore del nord. Che fine ha fatto Baby Jane? rimane comunque il più celebrato della sua intera filmografia: quando uscì si aggiudicò cinque nomination agli Academy Awards e la nomination alla Palma d’oro, continuando a riscuotere fama e approvazione per i decenni successivi, sino ai giorni nostri, quando viene restaurato e rimesso in circolazione.
Nei primi anni Sessanta gli Stati Uniti vennero scossi da due macabri capolavori senza precedenti per impatto psicologico, film che sembravano già superare lo stile classico americano, anticipando alcune delle conquiste linguistiche della New Hollywood: Psyco e Che fine ha fatto Baby Jane?. Se il film di Hitchcock si pone come opera mitopoietica, capace quindi di donare fama ad attori sino ad allora poco affermati, quello di Aldrich si affida all’interpretazione di due star affermate e di indubbio talento quali Bette Davis e Joan Crawford. La rivalità fra due sorelle e i rapporti di forza fra di loro sono descritti molto lucidamente, in un climax ascendente di violenza fisica e psicologica che nasconde, dietro alla sadica follia di Jane, una costruzione narrativa sapientemente calcolata.
Aldrich sfrutta al meglio i meccanismi della suspense, tenendo lo spettatore ben stretto nella morsa dell’ansia, manipolando i suoi orizzonti d’attesa. Forse è l’impotenza la vera protagonista di questo Viale del tramonto psicopatico, l’handicap fisico di Blanche e mentale di Jane, l’impossibilità di entrambe di sfuggire da ricordi che si trasformano in colpe da espiare attraverso la regressione, il ritorno all’età dell’innocenza. Impotente infine è lo spettatore, che vive sulla propria pelle la prigionia di Blanche, relegata in una stanza che sembra distare anni luce dal resto del mondo.
Il tema della menomazione fisica come impedimento per l’autodifesa diventerà, grazie a questo film, un elemento ricorrente nel cinema horror, da Non aprite quella porta fino agli ultimi, recentissimi, capitoli della saga della Bambola assassina, a ribadire quanto il film di Aldrich non si sia cristallizzato nel tempo, ma continui a produrre un’eco che risuona tuttora, nel cinema di genere come in quello d’autore. Affievoliscono la tensione, in certi momenti, raffinate trovate comiche, come il personaggio del pianista inglese e le sequenze in cui Jane imita la voce di Blanche al telefono per procurarsi gli alcolici (in realtà quella che si sente nel film è veramente la voce della Crawford, che doppia Bette Davis). Finto quesito quindi, che fine ha fatto Baby Jane?, dato che tutti conoscono la risposta, da oltre cinquant’anni vive nei cinema di tutto il mondo, come presenza ma anche come fantasma, nascosto tra le pieghe di altri film, e probabilmente ne ha almeno altrettanti davanti a sé.