Con Cielo infernale (1954) Youssef Chahine affronta direttamente le conseguenze sociali e politiche della rivoluzione del 1952, quella dei Liberi ufficiali, e della prima riforma rurale, rappresentando nitidamente il tentativo di emancipazione dei lavoratori: quei “braccianti” tradizionalmente schiacciati dal sistema feudale a servizio del Pascià. Assecondando ancora una volta la predilezione per il racconto corale, la contaminazione fra i generi e la sovrapposizione fra la Storia e le storie, Chahine si concentra quasi pittoricamente sulla rappresentazione dello scarto profondo e apparentemente insanabile che divide la famiglia del Pascià dalla massa di contadini. Costruito ricorrendo a vere e proprie coppie oppositive che descrivono ricchezze e povertà dei personaggi, Serâa fi al-wadi si avvale anche di una sorta di sovradimensionamento degli elementi architettonici per sottolineare tale divario: si pensi alla maestosa presenza del palazzo del Pascià che sembra schiacciare le umili capanne e le case semplici e spoglie dei contadini, mentre nella sequenza finale le rovine monumentali di un antico tempio incombono e opprimono fragili e deboli figure in fuga o in cerca di vendetta.
In Cielo infernalesi consuma inoltre una sorta di scontro generazionale, veicolato dal giovane Ahmed (O. Sharif), il quale dopo gli studi di agronomia riesce a migliorare la produttività delle terre lavorate dai contadini, guadagnando per la vendita un prezzo favorevole e maggiore rispetto a quello ottenuto dalle coltivazioni del Pascià. Nel personaggio di Ahmed non si rintraccia soltanto una parabola di riscatto sociale, bensì si dimostra il connubio fra la modernizzazione e la tecnologia che contribuisce felicemente al cambiamento sociale. Accanto e all’interno del complesso “tableau” socio-culturale si staglia poi la storia d’amore fra Ahmed e la bella figlia del Pascià, Amal, interpretata dalla “regina” del cinema arabo Fetan Mamamah. I due giovani innamorati attraversano una serie di peripezie, determinate ancora una volta dal desiderio della famiglia del Pascià di mantenere il proprio ruolo e, soprattutto, il proprio benessere e potere.
L’occhio della macchina da presa di Chahine si concentra allora su una serie di luoghi e oggetti: la diga e le “valvole” da manomettere per allagare il villaggio e le coltivazioni dei braccianti, e il fucile che viene sottratto al padre di Ahmed e usato per compiere un terribile delitto. Fra l’abile costruzione della suspense e il sovradimensionamento degli elementi “accessori” si consuma l’epilogo di Cielo infernale, in cui trionfa l’onore “tribale” che ristabilisce l’ordine, punendo i colpevoli e aprendosi allo stesso tempo alla possibilità di opporsi al sistema dei pascià, considerati fino a quel momento onnipotenti e simili a dèi. Con coraggio e “preveggenza” Chahine, a solo due anni dalla Rivoluzione, indica e traccia una strada possibile, illustrando in Cielo infernaleuna via verso una società nuova, moderna e riconciliata.