All’interno della sezione che riscopre il regista statunitense William K. Howard, il Cinema Ritrovato esalta il valore del restauro di Transatlantic (USA,1931) dedicando al film due proiezioni, lunedì 26 giugno e sabato 1 luglio al Cinema Jolly.
Nel corso del tempo il film non ha ricevuto le meritate attenzioni poiché nessuna copia integra della versione di distribuzione americana è giunta fino a noi. Il restauro, realizzato dal Museum of Modern Art, mette insieme la colonna sonora inglese completa ed elementi immagine provenienti dalle copie d’esportazione francese, italiana e spagnola, offrendo la possibilità di godere di una visione completa del film per la prima volta dopo ottant’anni.
Definito dalla critica dell’epoca “An aquatic Grand Hotel” (Variety, 4 agosto 1931, in riferimento all’opera teatrale Grand Hotel di Vicky Baum) e vincitore di un Oscar per la migliore scenografia nel 1932, Transatlantic è un film quasi sconosciuto di un regista quasi dimenticato. Tuttavia, alla luce di una completa riconsiderazione della figura di William K. Howard, si può ritenere che l’influenza del suo stile sia stata determinante per la successiva generazione di cineasti degli anni quaranta e cinquanta, immersi nelle atmosfere del noir. La storia ritrae un gruppo di viaggiatori a bordo della lussuosa nave da crociera Transatlantic le cui vite si intrecciano in modi inaspettati.
William K. Howard, assieme al direttore della fotografia James Wong Howe e allo scenografo Gordon Wiles, sperimenta gli effetti della profondità di campo e muove la macchina da presa oltre i limiti degli spazi più oscuri e inaccessibili della nave, illuminando gli anfratti della sala macchine attraverso fonti di luce invisibili che creano geometrie di ombre e riflessi in controluce per dar vita a un labirinto di tubi, scalette e angoli angusti. Il risultato è un film in cui la successione degli eventi genera mistero visivo più che tensione drammatica, come avviene ad esempio attraverso la scena della tempesta nell’Oceano, contemporanea a quella dell’inseguimento nella sala macchine, utilizzata per incrementare la drammaticità scenografica. In Transtlantic non si ha l’impressione che la storia si muova verso una risoluzione finale con l’obiettivo di scoprire cosa accadrà ai personaggi.
La tensione del racconto non è forte quanto la tensione creata dalla luce che rende l’immagine vividamente espressionistica e stilizzata mirando alla realizzazione di un puro godimento visivo. Proprio a causa di questa fugacità narrativa, in cui le relazioni fra i personaggi sono affidate alla forza espressiva degli sguardi e alla composizione dell’immagine, Transatlantic riesce ad alternare con facilità i registri del dramma e della commedia, per ottenere un’opera dal tono brillante e raffinato, di grande modernità stilistica: “Se mandi giù l’amaro col dolce finisci per fare una bella traversata”. A conferma del principale obiettivo del film in Transatlantic sono gli stessi personaggi ad affermare che “La nave è come un microcosmo”, esattamente come si dirà, un anno dopo, nel Grand Hotel di Edmund Goulding (versione cinematografica della già citata opera teatrale): “gente che viene, che va, tutto senza scopo”.