Lo spaventapasseri fa di Buster Keaton un “architetto dadaista”, così lo definisce Gilles Deleuze. Ciò in cui si esibisce, insieme al gigante coinquilino, il piccolo uomo è una specie di orchestrazione degli elementi casalinghi come se fossero una perfetta macchina a motore. Keaton rifiuta gli standard, ogni oggetto presente nella casa ha una doppia, o tripla funzione. Una casa che è composta da una sola stanza, ma che muta d’ambiente quando gli oggetti cambiano la loro funzione: il giradischi è anche un fornello, la libreria è anche un frigo, il divano è anche una vasca da bagno, e così via. Il numero di gag possibili all’interno di quella scatola dalle quattro pareti - come aveva già dimostrato nel precedente Una settimana - è pressoché infinto. Lo spaventapasseri è così scandito da un ritmo incalzante che, senza soffermarsi troppo su un dettaglio o quell’altro, confeziona una perfetta storia comica con lo spazio necessario ad un’avvincente happy end.
Io e la vacca, titolo che in Italiano fa assolutamente rabbrividire, racconta la storia di un solengo e malinconico esemplare che, senza una meta, sale su un treno diretto verso l’Ovest. Senzanome precipita all’interno di un ranch e cerca così di darsi da fare per racimolare qualche soldo. Il problema è che non ha assolutamente idea di che cosa significhi vivere in campagna. Keaton può anche provare a camuffare con abiti da cowboy la sua stessa maschera, ma questa anche se reietta, è pur sempre la maschera di un cittadino comune.
Io e la vacca è in assoluto una delle storie più malinconiche e sentimentali a cui Keaton ha dato vita. Non solo il suo personaggio è rifiutato da chiunque, anche da un cane, ma il povero Senzanome è anche buono e quindi continua imperterrito a donare affetto, senza mai riceverne in cambio. L’unico essere che lo degna di tenerezza è la mucca Occhidolci. Ricevuta la sua prima dimostrazione di affetto, e soprattutto la prima dimostrazione di attenzione della sua vita, Senzanome tenta ogni stratagemma pur di non far finire Occhidolci al mattatoio con il resto del bestiame. Dopo una folle corsa, mascherato da diavolo rosso, in cui Senzanome viene inseguito da un’intera mandria di tori e mucche, riesce a diventare un eroe agli occhi del proprietario del ranch e di sua figlia. Ma è una cosa che gli importa poco: lui vuole solo poter tenere con sé Occhidolci.
Keaton quando decide di fare qualcosa lo fa sempre al massimo delle possibilità, in Io e la vacca ad inseguirlo è un’intera mandria, e così ripropone quella stessa gag che lo ha visto protagonista di sfrenate corse in altri suoi famosissimi film. Una volta ad inseguirlo sono le rocce, poi un’esercito di poliziotte ed infine anche un’esercito di spose. I suoi schemi sono quindi sempre gli stessi, ma variano nelle modalità sempre originali di messa in scena.