Che cos’è la cinefilia? È quello slancio emotivo incondizionato per la settima arte che ti porta a scrivere una recensione entusiastica per Il cibo degli dei di Bert I. Gordon. Oggi il buon vecchio Mister B.I.G., come lui stesso ama farsi chiamare, ha 93 anni e non è raro vedere i suoi lavori in contesti di rivalutazione del cinema di serie B, ma quando Il cibo degli dei uscì Gordon ne aveva 54 e tutti gli davano del buffone per come ovviava la mancanza di budget sul fronte effetti speciali con escamotage a dir poco stravaganti. Chissà che reazione avrebbe avuto se al tempo gli avessero detto che un giorno qualcuno avrebbe dedicato una rassegna festivaliera al tema dell’alimentazione del futuro nel cinema fantastico proiettando proprio uno dei suoi film? Probabilmente avrebbe risposto una cosa come: “Certo, e vedrai che un giorno pure a Ed Wood verrà riconosciuta la sua importanza. Fammi il piacere, dai, cattura quel topo e mettilo sopra l’auto giocattolo che dobbiamo girare la prossima scena!”.
È chiaro che per poter apprezzare Il cibo degli dei occorre essere un poco magnanimi dinnanzi alle mancanze che presenta, pur avendo cercato di aggirarle in virtù del desiderio di essere a tutti i costi un film di fantascienza. Anche se alcuni, non a torto, direbbero che Gordon è un eroe proprio per questo. Per aver camminato sempre a testa alta con la faccia tosta di chi si rende conto dei propri limiti, ma allo stesso tempo sa di aver fatto dei piccoli miracoli, perché la verità è che l’esito poteva essere decisamente più disastroso. Quei limiti che, va ricordato, non dipendevano mai da una sua incapacità ma, come per Mario Bava e Lucio Fulci, da ristrettezze economiche. Il cibo degli dei infatti si guarda ancora oggi che è un piacere, soprattutto in compagnia di amici che non si vergognano di provare una certa tenerezza e fascinazione per quegli animali ingigantiti grezzamente, quei personaggi tagliati con l’accetta dalle capigliature improponibili e quei dialoghi che sembrano scritti due minuti prima di allestire il set.
La vera forza de Il cibo degli dei è che anche a fronte di tutto ciò resta molto fedele al proprio obiettivo: adattare l’omonimo romanzo di H. G. Wells senza aver paura di percorrere sentieri spinosi: muovere l’elemento orrorifico sul terreno dello scherno alle superstizioni, sbeffeggiando la stupidità delle persone abituate ad accettare tutto ciò che gli si figura davanti come un dono di Dio, che sono il vero mostro del film. Un atteggiamento, questo, che oggi pare sorprendentemente sovversivo e caustico, ma al tempo era praticamente la norma nel cinema di genere, quindi Gordon, nonostante tutto, fa ancora mangiare la polvere a tanto dell’horroraccio arrivato da inizio Duemila in poi. Scusate se è poco.