Easy Virtue (1927) è un film considerabile come perduto tra quelli della produzione muta di Hitch. Purtroppo, infatti, mancano copie in 35mm e ne esistono solo da 16mm mutile e di qualità molto bassa. Così possiamo ora vedere solo 70’ dei 94’ originali e nonostante il grande lavoro di restauro la qualità del video è nel complesso piuttosto mediocre. Per fortuna le parti mancanti non sono essenziali per la comprensione della vicenda che può considerarsi conclusa e ben strutturata anche nella sua versione forzatamente abbreviata.
Così veniva presentato Easy Virtue all’epoca della sua uscita: ‘Portare al cinema un’opera di Noël Coward è un’ardua impresa – Hitchcock ci è riuscito!’. La maggior parte del merito va in realtà al solito Eliot Stannard, scenografo di fiducia della prima parte della carriera di Hitch, che riuscì nel difficile compito di sciogliere la costruzione macchinosa tipica della versione teatrale della storia. La protagonista della vicenda è Larita Flinton, donna accusata e giudicata come adultera dal tribunale, nonostante la sua innocenza. Quando Larita tenta di farsi una nuova vita risposandosi con il giovane John Whittaker, che pur ignora il suo passato, si ritrova però presto a dover fronteggiare il giudizio altrui. Con un finale drammatico Larita decide di liberare il suo secondo marito dal vincolo di un matrimonio imbarazzante e offre a John la possibilità di divorziare. Con una splendida struttura ad anello l’inizio e la fine del film sono strutturati allo stesso modo. Ci ritroviamo così nella stessa aula del tribunale di fronte allo stesso giudice e gli stessi avvocati. Se dopo il primo verdetto Larita aveva tentato di fuggire dai fotografi appostati fuori dal tribunale, nel finale, invece, li affronta a viso aperto: “sparate! Non c’è più niente da uccidere!”. Questa è l’ultima frase del film, un manifesto contro il puritanesimo e la società delle apparenze, un attacco contro i magistrati e la stampa, i primi rei di agire e giudicare in maniera superficiale, i secondi di ricorrere facilmente alla calunnia e al sensazionalismo pur di vendere più copie.
Sotto un certo punto di vista Downhill (1927) e Easy Virtue sono molto simili: in entrambi abbiamo un protagonista che, pur nella buona fede, viene trascinato sempre più nel baratro. Eppure il protagonista di Downhill raggiunge infine un insperato lieto fine, mentre con Easy Virtue ha la meglio una visione più pessimistica, e Larita non riesce ad ottenere la salvezza che solo l’amore incondizionato di John gli avrebbe potuto dare. Il pubblico ha apprezzato il ruolo di Larita, interpretato da Isabel Jeans, che per altro aveva avuto una parte nello stesso Downhill al fianco di Ivor Novello. Sono stati giudicati interessanti anche i temi sociali affrontati da Hitch con questo film. Alcuni, però, hanno faticato a reggere il ritmo, a loro giudizio piuttosto altalenante. Nel complesso comunque Easy Virtue è sembrato piacere agli spettatori che hanno potuto scoprire, con rinnovato stupore, l’ennesimo lato nascosto della produzione di Hitchcock. La speranza di tutti quelli che hanno assistito al film è quella che venga presto ritrovata una copia in 35mm contenente il film nella sua interezza.
Yann Esvan