Fresco reduce dall’uscita di Too Old to Die Young, un ambizioso film in dieci episodi distribuito da Amazon Video (guai a chiamarla serie), il cineasta danese Nicolas Winding Refn arriva al Cinema Ritrovato in duplice veste: quella di regista e di restauratore. Dopo la presentazione “sotto le stelle del cinema” della sua copia personale in 35mm di Drive, ha indossato i panni di divulgatore, facendo conoscere al pubblico un film perduto del 1967, Spring Nights, Summer Nights, introducendo El Topo del suo carissimo amico Alejandro Jodorowsky e illustrando il lavoro dietro byNWR, la sua nuovissima piattaforma streaming, dedita a preservare il passato dialogando senza remore né preconcetti con il futuro.

Le cose stanno cambiando rapidamente per il mondo del cinema e dell’audiovisivo e, in fondo, anche la piattaforma di film che lei presenta qui al Cinema Ritrovato è un esempio di digital cinephilia. Intende proseguire con opere dedicate allo streaming o ci saranno altri film tradizionali?

Credo che si tratti di una vera e propria coesistenza. Il cinema tradizionale non scomparirà mai. Non c’è mai stata una forma d’arte che sia davvero scomparsa, ma qualcosa di nuovo è arrivato: lo streaming. Grazie alla rivoluzione digitale ci è stata offerta una nuova tela: è la tela dei miei figli, è il futuro del mondo dell’interazione. In questo processo c’è la possibilità di portare il passato nel futuro, ma tutto ciò, ovviamente, è sotto il controllo delle nuove generazioni. I miei figli, per esempio, vivono in un modo diverso dal mio o da quello della mia generazione. Dovremmo tutti guardare allo streaming come al terzo fratello Lumière, perché ci concede un’opportunità completamente nuova: quella di avere le cose a portata di mano e di re-inventare e di ri-pensare ciò che è il cinema. In un certo senso, penso che ciò che lo streaming abbia fatto sia stato portare più attenzione verso il cinema tradizionale, che ora coesiste con un nuovo tipo di cinema. Ciò che sta realmente scomparendo è la televisione tradizionale - e penso che sia una buona cosa, perché la televisione tradizionale non mi risulta particolarmente interessante - quel che è davvero interessante è questa nuova idea di streaming e come possiamo utilizzarla in modi che non avevamo mai immaginato.

Lei è qui, al Cinema Ritrovato, non solo come regista, ma anche come restauratore. Con quale criterio, oltre al suo gusto personale, sceglie i film da restaurare e che, secondo lei, devono essere visti?

Uno dei ruoli di byNWR è quello di osservare il passato, come un museo. Una parte di byNWR è un vero e proprio museo per quelli che io considero “i dimenticati”. Il miglior modo per creare un museo per il cinema è utilizzare il digitale, perché in questo modo puoi farlo conoscere. Questo [indica lo smartphone], questo è il futuro. In un certo senso, credo che la première di questa piattaforma alla Fondazione Prada sia stata la presentazione perfetta, visto che si tratta di uno dei più grandi musei di arte moderna - proprio perché una parte di byNWR è un museo, ma il suo linguaggio rispecchia il modo in cui i miei figli fruiscono la cultura: attraverso esperienze interattive. Questo museo è curato da Peter Conheim, che sarà qui per parlare di come funziona la curatela all’interno di byNWR. Siamo sostanzialmente un team che discute di quali progetti dovremmo occuparci e l’unica regola è che dobbiamo possederli - non siamo distributori, non ho alcun interesse nella distribuzione: ci sono tante altre ottime compagnie che si occupano di questo. Questa divisione della byNWR si occupa di preservare il passato e di presentarlo alle generazioni future.

A proposito di restauro, lei ha supervisionato la riedizione di Terrore nello spazio (Planet of the Vampires, 1965) di Mario Bava. Qual è il suo rapporto con questo grande  - e spesso sottovalutato - regista italiano?

Sai, in un certo senso, la grandezza non significa automaticamente riconoscimento. Penso che Mario Bava sia senza dubbio uno dei più grandi registi italiani: quando è arrivata la proposta dalla famiglia Lucisano di prendere parte al restauro di Planet of the Vampires ho quasi sentito che fosse mio dovere presentarlo e, personalmente, penso che il film sia assolutamente magnifico in tutti i suoi aspetti. Stranamente, persiste l’idea che l’ispirazione sia questione di tempo - eppure viviamo in un modo per cui reagiamo istantaneamente a qualsiasi cosa, ma altrettanto velocemente dimentichiamo. Ciò che è davvero importante è vedere come l’esperienza viaggia con te, come il film, essenzialmente, continua a vivere. Quando Mario Bava era vivo il suo tipo di cinema non era tenuto in grande considerazione per via di una certa idea elitistica di cosa il cinema dovesse essere. Grazie a Dio, grazie a una vera e propria rivoluzione, quella forma di controllo e di etilismo non significano più alcunché, perché l’unico significato che è rimasto è il fatto che persista una comunicazione diretta tra il creatore e il pubblico. Questa è la ragione per cui notiamo un grande riconoscimento per registi che quando facevano film non erano molto apprezzati: con il tempo cominci a realizzare che erano molto più grandi di quanto fossero considerati al loro tempo. Lo ripeto: credo davvero che Mario Bava sia uno dei più grandi registi italiani.

Al Cinema Ritrovato presenterà anche El Topo, di Alejandro Jodorowsky. A proposito della censura legata alla violenza delle immagini, Jodorowsky disse: «I love violence. I hate the weak person who says ‘Oh! That hurt me; that image.’ Why do you make pictures for that person? They are blind. Poetry is violence.» C’è una visione simile a quella di Jodorowsky nel suo cinema?

Penso che, storicamente, l’arte sia sempre stata un atto di violenza. Lo scopo della creatività è quello di violarti, di penetrare il tuo cervello. Attraverso questo processo, l’arte ti conduce a una serie di esperienze. Per questo motivo ho sempre trovato piuttosto ironico il fatto che possiamo categorizzare l’arte come “buona” o “cattiva”. Uno degli aspetti più grandiosi della rivoluzione digitale è che non c’è più alcuna forma di controllo. L’idea che qualcuno possa giudicarti è insignificante, perché il minuto stesso in cui qualcosa è online, è dappertutto - e ci sarà sempre un pubblico per quello che fai. Se dovessi definire cosa sia il successo nell’arte parlerei di “polarizzazione”. Se qualcosa piace a tutti succede esattamente la stessa cosa di quando tutti la odiano, ma se qualcuno la ama e qualcuno la odia, è allora che ottieni lo scontro. È a quel punto che l’arte diventa interessante, perché ha uno scopo, perché è lì per ispirare un dialogo, per ispirare un’esperienza.

Come ha gestito la lunga lavorazione di Too Old to Die Young?

L’ho realizzato esattamente come avrei gestito un film: invece di avere sei settimane per girare ho avuto a disposizione quasi dieci mesi. In un certo senso, proprio in virtù della rivoluzione digitale, l’idea era quella di ispirarsi ai registi del cinema muto. Quando hanno inventato il cinema non ne conoscevano pienamente le potenzialità, così facevano film molto brevi, esattamente come quelli che trovi online adesso, oppure facevano film molto lunghi. Il padre biologico di mia moglie è Fritz Lang - sua madre ha avuto una relazione con lui prima che morisse - quindi ho sempre percepito che anche io, in qualche modo, abbia ereditato il modo di lavorare di Fritz Lang. Anche lui faceva lunghissimi film, così ho pensato di impersonarlo e di fare la mia versione di un film molto, molto, molto lungo!

Lei ha più volte affermato di essere estremamente affascinato dalla realtà virtuale. Ha dei progetti al riguardo?

Trovo la realtà virtuale incredibilmente intrigante e ne so pochissimo al riguardo, proprio perché non sono una persona molto “tecnica”, non capisco davvero la tecnica - e mia moglie è anche peggio di me, in questo senso. Sono i miei figli a venirmi in aiuto per qualsiasi problema tecnico. Ironicamente, è stata Elle Fanning ad aprirmi un account Instagram, quando eravamo a Parigi. La realtà virtuale è un medium nuovissimo che attira su di sé, ovviamente, enorme curiosità, ma che è ancora nella sua fase iniziale. Il fatto è che diventerà una parte fondamentale delle nostre esistenze, quindi ne sono davvero incuriosito e prevedo di esplorarla tantissimo nell’immediato futuro.

 

L’intervista tutta è stata realizzata da:


Alessandro Criscitiello

Aurelio Fattorusso

Bianca Ferrari

Chiara Pierini

Guendalina Piselli

Alberto Savi