Assieme a Muisteja, Edvin Laine (2006) è uno dei lavori cinematografici più recenti di Peter von Bagh, una delle sue creazioni più mature. Lo introduce questa volta Timo Malmi, dopo aver presentato Sodankylä Forever, “un libro molto importante per Peter.” Edvin Laine è un’omaggio all’omonimo regista finlandese, un mentore per Peter, qualcuno che gli ha lasciato il segno. Sebbene egli considerasse i suoi film “non particolarmente degni di nota: troppo artificiosi, troppo poco istintivi, troppo puliti e limati”, von Bagh aveva una grande stima della sua umanità. È proprio questa la memoria che Peter ci regala di Laine: una storia di un uomo raccontata da chi lo amava, le parole di chi lo ha vissuto, sperimentato, creato. Come un solenne tributo, il regista racconta di Edvin come persona, padre, regista, amico.
È proprio il concetto di storia il tema centrale di questa pellicola. Edvin era un uomo che amava raccontare storie, le raccontava in un modo che educava alla riflessione, che aiutava a capire meglio se stessi e le proprie origini. Coinvolgente, ammaliante nei suoi film come nella vita, Edvin non solo amava il mondo immensamente, ma era altrettanto ripagato di questo amore. Le figlie ne parlano molto sinceramente come di un padre serio, determinato, esuberante e profondamente caloroso, come quelli che “arrivano da dietro e ti accarezzavano i capelli”; un grande individuo. Colleghi lo ricordano come un appassionato incantatore, un compagno, un carattere profondo. Parlano di lui come un essere comunicativo, efficace; ridono e scherzosamente stuzzicano i suoi modi di fare. Raccontano di come amasse i suoi attori, di come li ispirasse e guidasse attraverso i meandri della recitazione. Peter lascia anche molto spazio ai suoi film, pur non essendone un completo sostenitore. Narra di come le sue opere abbiano aiutato i finlandesi a comprendere in profondità se stessi e la loro terra. Egli confessa che in The Unknown Soldier (1955) Laine ha espresso la guerra in un modo da togliere il fiato: brutale, fredda, inarrestabile; ne ha fatto percepire la sua essenza.
Tutte le pellicole di Edvin Laine sono capolavori, non tanto per gli effetti speciali o la complessa stesura, bensì perché in ognuno di essi metteva qualcosa di suo, donava un pezzo di sé. E così come se lo prendeva donava anche tanto spazio, ascoltava, non negava la parola a nessuno. Peter lo ritiene più che un regista un amico, un essere umano. Se ne sente molto legato, connesso attraverso cause di forza maggiore, caratteristiche intrinseche all’essere. Lo sente un po’ come un’altro lato di se stesso, un punto di riferimento.
Nelle battaglie alla ricerca del mondo perfetto, infatti, Edvin e Peter erano sempre schierati dalla stessa parte.
Francesca Alberoni