Il Cinema Ritrovato ha dedicato un’intera sezione a una delle attrici italiane forse più sottovalutate del cinema muto: Valentina Frascaroli. In occasione dei sessant’anni dalla sua morte abbiamo avuto la possibilità di rivedere e approfondire la sua filmografia. Mentre le grandi dive si ponevano in una condizione di superiorità nei confronti del resto del mondo, la Frascaroli si mostra un’attrice poliedrica e attenta al suo pubblico. Alterna ruoli da protagonista ad altri secondari passando da film comici, che condivide il più delle volte con suo marito André Deed, a quelli drammatici. Proprio per questa sua caratteristica fu molto amata dal pubblico dell’epoca.
Ironia della sorte molti dei lungometraggi presentati durante il Cinema Ritrovato la Frascaroli non si vede o quasi. Ne l’Uomo Meccanico (1921) di Deed, l’attrice recita per tutto il tempo mascherata e solo alla fine, quando le viene tolta, la si vede in volto. Diverso il caso di due altri film dove la sua assenza è dovuta ai tagli operati volutamente sulla pellicola. Il primo caso è quello de L’Emigrante (1915), storia di un migrante italiano (Febo Mari) che parte in cerca di fortuna in Sud America. Qui la Frascaroli aveva il ruolo della figlia rimasta in Italia. Nella versione originale la figlia, per dare i soldi alla madre, inizia a frequentare un ricco conte frequentando un ambiente particolarmente lascivo fino all’intervento del madre, tornato dal Sud America, che la riporta sulla retta via. Questa parte è stata del tutto eliminata nella versione a noi pervenuta, vittima di tagli voluti atti a ridurre alla storia a quella del solo migrante.
Ancora più straordinario il caso di Tigre reale (1916) di Pastrone, dove la Frascaroli appare nei titoli ma, nella copia preservata, è totalmente assente. L’unica versione in nostro possesso, donata al Museo del Cinema da Pastrone stesso, è infatti quella pensata per il pubblico estero, di mentalità più aperta rispetto a quella italiana. Sono state quindi fatte delle modifiche sostanziali nella parte finale del racconto, con tanto di scene girate ex novo. La storia narra dell’amore dell’ambasciatore Giorgio La Ferita (Alberto Nepoti) per la contessa russa Natka (Pina Menichelli). I due sono costretti a separarsi proprio quando si dichiarano a vicenda i loro sentimenti. La contessa, malata, promette di tornare da lui quando sentirà la morte avvicinarsi. Qui la cesura tra le due versioni. In quella superstite Giorgio sta festeggiando il fidanzamento con una giovane quando riceve notizia dell’arrivo di Natka , che raggiunge abbandonando il ricevimento. Proprio mentre i due stanno insieme scoppia un incendio nell’Hotel dove si trovano. Giorgio si salva assieme a Natka morente, e il suo malvagio marito (Gabriele Moreau) perde la vita. La scena finale vede una piccola imbarcazione che solca il mare al tramonto. Natka guarisce miracolosamente e i due possono vivere felici e contenti.
Un finale di questo tipo ha stupito gli studiosi, sia perché si allontanava di molto dal racconto di Verga da cui il film è tratto, sia perché non era in linea con il genere melodrammatico del film. Analizzando i documenti rimasti, gli studiosi del Museo del Cinema hanno scoperto che la versione originale presentava un altro finale. Giorgio si sposa con Erminia (Valentina Frascaroli) da cui ha un figlio. Quando arriva la lettera di Natka il bambino si ammala. Dopo la notte all’Hotel Natka si fa promettere dall’amato di tornare il giorno successivo. Egli non andrà da lei ma rimarrà da sua moglie. In questo finale la donna fedifraga viene punita come ci si aspetta che sia in un melodramma italiano dell’epoca. Con la perdita delle scene con la Frascaroli manca tutta la parte in cui lo stile recitativo della giovane attrice veniva paragonato a quello della Menichelli, la grande diva. Questo accadeva specie attraverso l’utilizzo di un montaggio alternato tra la scena dell’incontro dei due amanti finalmente ritrovatisi e quella della passione di Erminia davanti al dramma del figlio malato.
Il quarto e ultimo lungometraggio, Il delitto della Piccina (1920) di Arias, presentato ha una storia, se possibile, ancora più particolare. Questo film fu infatti censurato ed è stato quindi presentato in anteprima assoluta sul grande schermo al Cinema Ritrovato. La storia è particolare e ci mostra, finalmente, la capacità recitativa dell’attrice in un ruolo fortemente drammatico. La Piccina (Valentina Frascaroli) subisce violenza da Andrea, uno dei due padroni della fabbrica in cui lavora, e lo uccide per difendersi. Al processo viene assolta dopo l’intervento di un altro operaio. La Piccina sposa allora il fratello del suo aguzzino, Marco, un uomo giusto e cordiale. Anni dopo gli operai scioperano causando gravi perdite economiche all’azienda. La Piccina convince gli operai a tornare sostenendo che il debito pubblico e l’inflazione aumentano proprio per via dello sciopero. Questa tesi semplicistica e decisamente poco operaia trova conferma al ritorno dei lavoratori in fabbrica quando cioè, secondo i giornali, i tenore di vita si innalza per tutti. Questo film testimonia un periodo importante chiamato il biennio rosso che tra il 1919 e il 1920 immobilizzò le industrie italiane. Questa seconda parte, va detto, sembra essere aggiunta a posteriori e sembra infatti molto meno curata della prima sezione.
Valentina Frascaroli non divenne mai una diva e per questo è stata ormai dimenticata. Se si sfogliano alcuni dei principali volumi sul cinema muto italiano il suo nome non compare neanche, a torto, nell’indice analitico. Il Cinema Ritrovato ha voluto omaggiare il suo lavoro con la volontà di ridare lustro ad un’attrice che tanto ha dato al nostro cinema in più ambiti, grazie a una capacità straordinaria di recitare in ruoli tanto diversi tra loro.
Yann Esvan