Tratto da A Modern Cinderella di James M. Cain, e rifatto da Douglas Sirk nel 1957 come Interludio, Vigilia d'amore (1939) di John M. Stahl si sviluppa come declinazione della favola di Cenerentola: Helen, cameriera in gamba e impegnata a difendere i suoi diritti sul fronte sindacale, conosce un giorno al ristorante un cliente francese da cui resta affascinata, Philip, che si rivelerà poi essere un ricco pianista di fama internazionale. Ancora in seguito, Helen scoprirà però che Philip ha una moglie malata che non si sente di abbandonare.
Vigilia d'amore inizia e si sviluppa per una buona metà come commedia romantica, con una sceneggiatura di Dwight Taylor imperniata su dialoghi brillanti e ottime battute, e una coppia di attori in auge in quel periodo come Irene Dunne e Charles Boyer (peraltro interpreti lo stesso anno anche di Un grande amore di Leo McCarey). Poi però, improvvisamente, dopo aver inanellato una serie di tòpoi del genere come l'incontro casuale e improbabile, la passeggiata notturna, e il giro sulla barca a vela di lui, ecco che Stahl inserisce un angosciante uragano a Long Island e a ruota un confronto drammatico fra i due protagonisti, ormai innamorati, sulla realtà delle loro vite. Le ambientazioni di Stahl si fanno oscure, avvertono chi guarda di una dissonanza in atto, ed esteriorizzano un pathos che forse non è altrettanto ben rappresentato a livello di interazione fra i suoi personaggi.
Per un melodramma è essenziale far empatizzare gli spettatori coi protagonisti, e Vigilia d'amore pecca nel creare un personaggio maschile che sia all'altezza di quello femminile. D'altronde Stahl era evidentemente molto più interessato a questi ultimi, e la Helen di Irene Dunne è a suo modo indimenticabile: vitale ma equilibrata, una leader naturale capace di portare il sindacato allo sciopero ma anche un'eroina romantica che non sta aspettando di venire salvata da nessuno. Philip invece non è niente di più del classico “principe azzurro” (come la stessa Helen lo definisce, con un velo di ironia, a una collega): sicuro di sé, galante, dalla conversazione brillante.
Ma se la languida eleganza di Charles Boyer poco si addice a una passione struggente, certo non è banale un eroe romantico del 1939 che non sia né prepotente né paternalistico, e in questo il tocco di Stahl è ben riconoscibile. Così come è riconoscibile il suo chiaroscuro emotivo, nel quale i valori condivisi nella sua epoca vengono confermati ma non nobilitati nel finale, e tutti i suoi protagonisti sembrano risultarne sconfitti: Helen, Philip, sua moglie.