Surcouf di Luitz-Morat (1924) vede la luce in un momento particolare del cinema francese in cui andavano di moda da una parte storie estremamente romanzate di personaggi storici realmente esistiti (vedi Vidocq di Kemm – 1923) e dall’altra un gusto per le storie di avventura dal sapore esotico, specie orientale. Robert Surcouf è un corsaro realmente esistito a cavallo tra ‘700 e ‘800 che combatté contro la flotta inglese nei mari dell’India. La sua fama era talmente grande che Napoleone gli offrì il posto di capitano nella guerra contro l’Inghilterra, proposta che l’ormai ex corsaro rifiutò.

Surcouf è un mini serial in due puntate sceneggiato da quel Arthur Bernède autore di opere come Judex (1916) e successivamente il cult Belfagor (Belphégor - 1926). La vicenda narra di Surcouf che si ritrova nella spiacevole condizione di essersi innamorato di Mediana, una ragazza indiana salvata prima un sacrificio rituale dal suo grande amico Marcof che l’aveva poi sposata. Il salvataggio aveva scatenato le ire della setta decisa a vendicarsi e terminare il sacrificio. A complicare la vicenda ecco un ulteriore intreccio amoroso dove una giovane ragazza bretone è innamorata perdutamente di Surcouf e rifiuta l’amore Morel (il grande Antonin Artaud), il quale per vendetta si allea con la setta.

Dal racconto appena fatto sembrerebbe che Surcouf si basi semplicemente su vicende sentimentali, e invece la narrazione principale si inserisce bene all’interno di un contesto più ampio dove non mancano spettacolari abbordaggi, combattimenti alla lama e con armi da fuoco e tutto quello che ci si aspetterebbe da una storia sui corsari. Gran parte della vicenda è inoltre concentrata ad esaltare la moralità di Surcouf che a costo della sua stessa vita o felicità mette sempre davanti la parola data.

Se a livello superficiale ci ritroviamo di fronte a un prodotto di puro intrattenimento l’inserimento dell’elemento esotico ci permette di spingerci un pochino più in profondità con l’analisi. Ancora una volta, infatti, la rappresentazione del mondo indiano è estremamente superficiale e ricca di luoghi comuni. Gli indiani hanno una religiosità corrotta e malvagia, i suoi adepti sono talmente fondamentalisti da inseguire in capo la mondo chi ha profanato le loro tradizioni corrotte.

Ritroviamo inoltre il tema cardine della femme fatale di origine esotica. La sua bellezza provoca litigi tra amici e porta solo guai. Il lieto fine non è assolutamente permesso, la sua morte è scontata così come la realizzazione finale dell’amore tra Surcouf e la devota e casta ragazza bretone che lo ama da sempre. L’ambientazione bretone, per certi versi, rientra sempre in questo gusto per l’esotismo seppur teoricamente interno alla Francia stessa.

Le donne portano i vestiti tipici e gli esterni sono girati in alcuni dei luoghi simbolo della regione. Passando da zone come Saint-Malo a Lorient, da Saint-Nazaire a Brest, Surcouf si dimostra anche un documento storico molto interessante visto che gran parte di queste città portuali saranno poi bombardate durante il secondo conflitto mondiale.

Surcouf è un serial simbolo dell’epoca in cui è stato concepito e rappresentato, che riesce in appena due episodi a creare una cornice credibile e a raccontare una storia di avventura e sentimento ben riuscita.