Altman&Altman: ogni fotogramma si riconosce e si ricorda come solo suo, anche a distanza di decenni da un film all’altro, ma ogni film si presenta come parte di un’opera che ricomincia da capo ogni volta. I compari, per dire, è un film totalmente straniero a se stesso (e infatti inizia sulle note di The Stranger Song di Cohen).
Estraneo alla propria genealogia, al mito della frontiera e ai feticci del western “industriale”, alieno al progetto hollywoodiano di narrativizzazione fondativa della storia americana, come sarà poi anche Buffalo Bill e gli indiani; anti-epico, materialista, arreso. A tratti vespertino, ma fatto per lo più di albe sfigurate e risvegli mancati.
Gli stessi protagonisti eponimi del titolo originale – McCabe & Mrs. Miller – fanno di tutto per non (ri)conoscere se stessi, quando sono soli e quando sono insieme, per ridursi a soci in affari negandosi l’ipotesi del sentimento: la &, il logogramma commerciale per eccellenza, sta lì a segnalare che non sono una coppia ma una ditta, le cui transazioni sessuali sono infatti regolarmente disciplinate dal denaro.
Ambientato all’inizio del XX secolo in una cosiddetta boomtown nel nordovest degli Stati Uniti, I compari è un grande film emozionale sull’affermazione del capitalismo, su come apparentemente agisca da collante tra vite che in realtà conduce all’estraneazione e alla rinuncia – un film sugli sconfitti e sul calore irrecuperabile sprigionato dalla loro sconfitta.
L’anno esatto si legge su una tomba usata da Altman come una didascalia, la più adatta a un film tanto sottilmente intriso da presentimenti di morte. È il 1902, nel nord-ovest degli Stati Uniti. Nella fangosa e sonnolenta cittadina di Presbyterian Church arriva John McCabe, forse un pistolero, forse un giocatore d’azzardo. Impegnatosi nella costruzione di una bisca con annesso bordello, viene convinto dall’intraprendente (e oppiomane) prostituta Constance Miller ad affidarle la gestione della casa di piacere.
Gli affari procedono con profitto fino a che McCabe rifiuta di vendere il terreno a due emissari della Snake River Company, interessati alle miniere di zinco di cui è ricca la zona. La grande azienda finanziata da capitali esterni fa presto a sbarazzarsi del piccolo imprenditore con la corruzione e la violenza, segnando la fine di un tempo in cui l’individuo poteva ancora sperare di partecipare alla propria estromissione dalla realtà (l’ironia e le innocue bugie di John, la dipendenza e l’elusività recitata di Constance).
In più, è uno straordinario film di ricerca archivistica e filologia pellicolare. Il direttore della fotografia Vilmos Zsigmond espose i negativi alla luce naturale prima dell’inizio delle riprese per dare alle immagini quella fascinosa patina antiquata, color ocra, da album di famiglia della nazione.
La scenografia e i costumi si basano su un rigoroso lavoro di documentazione, e in particolare sulla consultazione del catalogo di vendite per corrispondenza Sears, Roebuck & Co. del 1901, grazie al quale Altman e i suoi collaboratori scoprirono che la condizioni di vita nel West di inizio secolo non erano così diverse da quelle del loro presente. Come invece lasciavano credere i western tradizionali, dove certi beni di prima necessità, capi di vestiario e oggetti d’uso quotidiano venivano puntualmente esclusi dalla messa in scena.
Il set venne costruito a Vancouver dallo scenografo Leon Ericksen man mano che il film veniva girato seguendo l’ordine della sceneggiatura, contribuendo a quella sensazione di precarietà e contingenza che accompagna l’intera impresa di McCabe e si rivela nella ‘natura’ anacronistica, provvisoria di Presbyterian Church: città perennemente in costruzione, a rischio di essere distrutta prima ancora di essere finita, in cui il cantiere avviato per primo, quello della chiesa, resta presto indietro rispetto agli altri (il saloon, il bordello, il bagno pubblico), tanto che il luogo deputato al culto giace inutilizzato e viene usato come deposito degli scarti del Capitale.
D’altra parte ogni edificio (con le relative attività umane per cui è stato progettato: bere, mangiare, scommettere, fare sesso a pagamento, dormire) pare isolato e indipendente, e i cittadini sembrano conoscersi a vicenda solo fin tanto che li frequentano. Lo spazio non ha punti di riferimento, così come il tempo scorre nell’indifferenza, senza una scansione riconoscibile che non sia l’alternarsi delle stagioni – compresa la tempesta di neve conclusiva, non prevista dallo script e provvidenziale nel regalare al finale quell’andamento sfiancato e arrendevole.
Altman prima e dopo Altman: I compari è uno dei suoi capolavori corali e andrebbe visto e rivisto come capitolo di una lunga, divertita e straziante storia d’amore col cinema, insieme a M.A.S.H. e Nashville e America oggi e Radio America e molti altri film che avremmo voluto continuasse a dirigere.