Potrebbe sembrare solo un divertissement, Les femmes au balcon: un gioioso esperimento cinematografico che oscilla tra l’ironia e il citazionismo, all’insegna della verve delle sue protagoniste. Sebbene il secondo lungometraggio di Noémie Merlant sia davvero divertente, ironico e citazionista (non sfuggirà allo spettatore anche meno cinefilo l’omaggio alla hitchcockiana Finestra sul cortile della sequenza iniziale), si commetterebbe un grave errore se si trascurassero la sua originalità e la sua profonda rielaborazione di importanti tematiche legate alla nostra epoca.
Il thrilling che avvolge le tre amiche al centro del racconto nel momento in cui una di loro rincasa coperta di sangue è solo uno degli elementi che la regista dissemina con sapienza lungo la narrazione con lo scopo principale di sovvertire gli schemi narrativi dei generi cinematografici e le relative aspettative spettatoriali.
Se la risoluzione del mistero è presto raggiunta, l’alternanza adrenalinica che ci coinvolge rimbalzandoci dal mistery alla commedia fa da pendant alla prima sequenza, in cui il nostro sguardo voyeuristico aggiorna all’epoca dei droni il binocolo di James Stewart mentre nel palazzo di fronte a quello in cui abitano due delle nostre protagoniste si consuma un efferato omicidio, ma a ruoli invertiti rispetto al capolavoro di sir Alfred. Il delitto è efferato, ma l’atmosfera è ammorbidita da una musica che sembra parodizzare la tensione.
Nel frattempo Nicole (Sandra Codreanu) segue un workshop collettivo di scrittura perché vuole trovare dinamiche differenti per raccontare il romanticismo: l’importante per lei non è perché scrivere ma come scrivere, come raccontare. Detto, fatto: Les femmes au balcon è esattamente questo, realizzato in forma cinematografica anziché romanzesca. Merlant (anche interprete di una delle tre amiche, Élise) intende proprio sfruttare i codici cinematografici per far emergere la destrutturazione dei rapporti tra uomini e donne e portare alla nostra attenzione la loro disfunzionalità, nonché i pregiudizi e le gabbie di cui è vittima il nostro sguardo sul mondo e su di essi.
Les femmes au balcon è in fondo anche un’opera sullo sguardo: Ruby esercita la professione di camgirl ed è quindi costantemente guardata, mentre Nicole guarda l’uomo dei suoi sogni dal balcone, prima da sola e poi con le sue amiche. Due sguardi diversi, con due oggetti di sguardo differenti. È il personaggio di Élise a rappresentare perfettamente la trasformazione, il passaggio tra queste due tipologie. Non è un caso che Élise faccia la sua comparsa travestita da Marilyn Monroe (simbolo dell’erotizzazione della donna nello sguardo maschile) per poi gradualmente – in parallelo alla progressiva affermazione della propria personalità – scoprire sempre più il proprio corpo, anche o soprattutto in contesti privi di erotismo o sensualità come la visita ginecologica o la camminata per strada.
Nel film di Merlant (presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024) è sempre la donna ad indirizzare lo sguardo, a riappropriarsi del suo potere. Le tre amiche sono soggetti attivi di visione e di erotizzazione dei corpi e la regista francese (che ha scritto il film con Céline Sciamma, con la quale aveva già lavorato sul set di Ritratto della giovane in fiamme e alla sceneggiatura di Parigi, 13Arr. di Jacques Audiard) mira a scardinare una rappresentazione ovattata, iconograficamente tradizionale della donna per renderla tridimensionale.
È proprio questa tridimensionalità della donna, il desiderio delle protagoniste di affermare la propria volontà, di decidere per sé, di esigere la soddisfazione del proprio desiderio sessuale nei modi e nei tempi decisi da loro stesse ad intimorire i maschi di questo racconto. E quando si scopre chi sono gli uomini che solo Nicole riesce a vedere, il film tocca in modo estremamente drammatico l’attualità, dando nuovamente uno scossone allo spettatore e diventando un grido che viene urlato con rabbia, soddisfazione e speranza nell’ultima parte del film, dove l’intrinseco femminismo dell’opera esplode in tutta la sua potenza, prima nel mare, poi sotto la pioggia.
Ma in fondo tutto questo era già presente all’inizio del film, nel sospiro di Denise che finalmente rinasce, incurante delle conseguenze del suo gesto perché ha affermato la libertà propria e di tutte le donne.