Lungometraggio numero 35, quarto film della Fase 5, capitolo quattro della saga di Captain America, ora interpretato da un altro attore. La catalogazione diventa sempre più difficile, la visione sempre più disimpegnata, i collegamenti sempre più deboli: cos’è successo alla Marvel? Partiamo dalla fine.
Captain America: Brave New World, il titolo sembra quasi una dichiarazione d’intenti e d’altro canto c’era già Deadpool l’anno scorso a sbeffeggiare la crisi nella Casa delle Idee. Peccato che nonostante il film risulti piacevole e decisamente più quadrato rispetto alle ultime uscite (fatta eccezione per Gunn e i suoi Guardiani), il mondo qui presentato ha poco di coraggioso e nulla di nuovo. Sembra una dichiarazione d’intenti proprio perché si è tanto parlato in questi anni di “superhero fatigue” e considerando che la concorrenza ha sempre faticato a imporre i propri supereroi si fa prima a dire “Marvel fatigue”.
Ecco allora che dopo un 2023 disastroso con il flop di Ant-Man 3, che avrebbe dovuto introdurre il nuovo Thanos, e quello di The Marvels, l’incasso più basso di tutto il MCU, Kevin Feige si nasconde dietro il suo berretto e per tutto il 2024 lascia la parola a Ryan Reynolds. Che poi il Mercenario chiacchierone proprio Marvel non è, perché, come il film ci tiene tanto a specificare, Deadpool era un personaggio Fox. Il successo dell’accoppiata con Wolverine era poi piuttosto scontato, per cui quel miliardo e tre d’incasso non basta certo a dichiarare salva la baracca. Il peso della rinascita Marvel, del condurci verso un Brave New World, ricade allora tutto sulle spalle di un supereroe che super non è. E purtroppo si vede.
Sam Wilson, un normalissimo essere umano, è il nuovo Captain America e seppure ci abbia messo tempo ad accettarlo (per la precisione ben 6 episodi di Falcon and the Winter Soldier), adesso è riconosciuto come tale persino dal capo di Stato. Thaddeus Ross, lo stesso che innescò la Civil War e lo rinchiuse in prigione, ora lo invita alla Casa Bianca perché c’è bisogno di nuovi Avengers. I due si stringono la mano, pace fatta, il passato è alle spalle e il futuro li attende, se non fosse che quella stessa sera un caro amico di Sam tenta di uccidere il Presidente. I rapporti si incrinano di nuovo: Cap non crede che il compagno sia un assassino e vuole indagare, Ross gli va contro e tenta di impedirlo. Nel mentre i due litigano, qualcuno dietro le quinte sta muovendo i fili.
La grande attrazione a questo giro è l’Hulk rosso, il boss finale che viene introdotto quasi come un colpo di scena e che invece era stato già spoilerato dai trailer. Una scelta necessaria per spingere la gente in sala, ma decisamente anticlimatica per la narrazione. Personalmente è in questa mossa che vediamo un po’ il senso dell’intera operazione. Infatti Brave New World non ha molto da offrire che non sia stato già mostrato e la sensazione è quella di guardare un prodotto vecchio con una confezione nuova di zecca. Un paradosso. Un po’ come tingere Hulk di rosso e fingere che sia diverso (colpa dei fumetti) o spoilerarsi un film solo per andarlo a vedere (colpa nostra).
Non c’è da stupirsi allora se la regia ha un sapore televisivo, le coreografie dei combattimenti sono stantie e il gran finale lo si può guardare da casa nei trailer. L’unico elemento a suo favore è l’essere semplice ed efficace nel presentare l’eroe, la posta in gioco e il cattivo da sconfiggere. Una formula scolastica ma decisamente più funzionale del caos carnevalesco di prodotti quali Quantumania, Marvels o Deadpool 3.
Quindi più che un rilancio, l’operazione è un passo indietro e paradossalmente fa piacere. Ci sono le solite mazzate, le battute per stemperare, i doverosi buchi di trama (qualcuno ci spieghi come funziona il controllo mentale), il lieto fine e lo slancio verso il futuro. Che bello! La cara vecchia Marvel e la mediocrità che tanto abbiamo amato in passato.
Si torna allora dalle parti di The Winter Soldier, tra i film più apprezzati dell’intero MCU e dieci spanne sopra questo, la cui ispirazione era stata palesata sin dall’inizio proprio per stimolare l’appetito dei fan, ormai nostalgici verso i tempi andati. Che poi sembra assurdo parlare di nostalgia in relazione ai Marvel Studios ma sono passati 17 anni da quel primo Iron Man e forse non ce ne siamo resi conto perché fino al 2019 la strada è stata sempre in discesa.
Un anno spartiacque, per i supereroi e il cinema tutto (chiedete a Tarantino), che ha visto gli Avengers diventare il maggiore incasso della storia solo per perdere il primato qualche anno dopo, quasi come se il calo fosse scritto nel loro destino. Con il nuovo decennio, infatti, cambia tutto: il lancio di Disney+ diluisce il progetto cinematografico con una marea di prodotti seriali, il cambio di dirigenza nell’attico di Topolino (da Iger a Chapek) porta a un milking estremo con spin-off e sequel sulla qualunque (Cap è uno di quelli, mentre altri devono ancora uscire), i nuovi eroi lanciati al cinema non attecchiscono e dopo un esordio trionfale anche le serie iniziano a calare. Lo sciopero è paradossalmente una salvezza, hanno il tempo di pensare e riorganizzarsi.
Nel frattempo la dirigenza muta di nuovo (da Chapek a Iger) e arriva un'altra inversione di rotta, vari progetti annunciati cambiano forma o vengono addirittura cancellati, ciò che era stato già girato viene rinviato per avere il tempo di modificarlo e per quanto riguarda la televisione si decidono finalmente ad assumere degli showrunner per le serie. Sorvoliamo poi sul disastro Kang / Jonathan Majors e arriviamo dunque a Brave New World, residuato bellico della vecchia dirigenza e rigirato in gran parte, che nel suo essere un film fieramente medio ricorda tanto i prodotti della Fase 1.
Questo è successo alla Marvel, ha provato a cambiare, ha fallito ed è tornata sui propri passi. C’è di nuovo Cap, c’è Hulk, si riformano gli Avengers, torneranno i fratelli Russo e persino Downey Jr. Cambiano solo i costumi. Ah già, poi ci sono Deadpool e i personaggi Fox, ma più che una novità sembrano usciti da La notte dei morti viventi. Insomma è come nei fumetti, il cambiamento ripristina lo status quo e se nessuno muore mai davvero, nessuno vive per sempre. Un paradosso.
“Non potevate sopportare il vostro fallimento. Dove vi ha condotto? Di nuovo da me”.