Große Freiheit Nr. 7 (nel distretto di St. Pauli, ad Amburgo) è l’indirizzo del locale dove il protagonista intrattiene gli avventori con le sue esibizioni da “singing sailor”: Hannes Kröger (Hans Albers) era un marinaio che per ben due volte ha dovuto rinunciare al suo sogno di una carriera marittima e ora canta accompagnandosi alla fisarmonica cercando di trasformare catarticamente frustrazione e malinconia in allegria da locale popolare.
Il film avrebbe dovuto intitolarsi Große Freiheit (Grande libertà), ma la censura del governo nazionalsocialista volle limitare la carica eversiva dell’opera cambiandone il titolo e cercando così di orientarne lettura critica e ricezione affinché non contemplassero la celebrazione di costumi libertini. In effetti, nonostante la predominanza cromatica del rosso e sebbene il contesto in cui si inserisce la purezza dell’amata Gisa (Ilse Werner) sia piuttosto fumoso relativamente alle disinibite abitudini delle figure femminili, il film di Helmut Käutner non vuole essere tanto la fotografia di un tetro sottobosco umano e sociale, quanto una narrazione esemplare che parla della solitudine dell’uomo, del suo senso di inadeguatezza e della tragedia della passione amorosa.
Tra i mezzi utilizzati dal regista per esprimere questi temi cardine della propria opera, la musica occupa un posto di primo piano. A livello puramente narrativo non si può ignorare il significato di scegliere un protagonista che abbandona la nave e si mantiene esibendosi in un club: se il locale, inglobando l’“esterno” all’interno di un luogo chiuso, diventa un microcosmo che permette scambi umani, sociali ed economici, la musica di Hannes ha lo scopo di portare per qualche minuto la fantasia sua e dei clienti al di fuori di quel mondo claustrofobico in cui si respira già il senso di una disfatta. Non è un caso allora che uno dei leitmotiv del film (nonché l’epiteto con cui Hannes chiama Gisa) sia La Paloma. La celebre canzone divenuta uno standard internazionale − reinterpretata qui con il testo scritto dallo stesso Käutner − evoca la storia di un marinaio costretto a separarsi dalla sua amata e preannuncia il destino del protagonista.
A colpire sono però soprattutto l’aspetto metaforico della musica e la capacità di Käutner di coniugare montaggio visivo e sonoro per restituirci tutta la complessità del senso di alienazione individuale e sociale dell’epoca: le inquadrature sulla folla in corrispondenza del passaggio dall’armonica sola al pieno d’orchestra non possono non richiamare il capolavoro di King Vidor La folla (1928), né può il ripetuto passaggio solo/orchestra sulla prima apparizione di Hannes lasciarci indifferenti rispetto al caotico magma sociale che l‘uomo deve affrontare quotidianamente per poter emergere come individuo, anche se ciò comporta – citando le metafore enunciate nel film – “mollare gli ormeggi” per “riprendere il timone della propria vita”.