Si chiama “Marcello Come Here: Mastroianni ritrovato (1954-1974)”, la sezione che Il Cinema Ritrovato dedica quest’anno al nostro attore più rappresentativo di sempre. Ed è innegabile che la cosa, messa così, suggerisca qualche riflessione magari provocatoria: cosa c’è ancora da riscoprire nella filmografia di un divo intramontabile, immagine di un cinema che sempre guarderemo con nostalgia ed ammirazione, pietra di paragone per qualunque attore italiano?
Eppure, è proprio questo festival che ci insegna a non dare niente per scontato; e allora, sì, ha senso ritrovare Marcello Mastroianni, specialmente ora che non c’è alcun particolare anniversario tondo da onorare. In fondo, a pensarci bene, il Mastroianni che continua a godere di maggiore fortuna è quello felliniano. Diciamolo, è rincuorante che si riesca tuttora a percepire quanto il connubio abbia saputo determinare un’epoca, attraverso atti che non hanno perso un briciolo della loro potenza dinamitarda come La dolce vita e soprattutto 8 ½.
Per quanto, poi, impressioni anche il Mastroianni più maledetto di Todo modo dell’amico Elio Petri (il regista che ne ha intuito il lato più torbido, da L’assassino a Le mani sporche), è sicuramente il legame con Sophia Loren a restare impresso nel cuore del pubblico: a parte Matrimonio all’italiana e Una giornata particolare, apici dei sodalizi con Vittorio De Sica e Ettore Scola, è indicativo registrare che La moglie del prete di Dino Risi fu il campione d’incassi della sua annata e Ieri, oggi, domani di De Sica vinse addirittura un Oscar.
Anche solo andando a memoria non si sa da dove iniziare. Quella del cosmopolita Mastroianni è una parabola irripetibile tra gli attori italiani: ha recitato per e con chiunque in più o meno centocinquanta film tra i quali è difficile trovare qualcosa di davvero imbarazzante ed è forse l’unico tra i grandi del suo tempo ad aver chiuso la carriera con suprema dignità. Per dire, negli ultimi dieci anni di attività si è tolto lo sfizio di lavorare in mezzo mondo con nuove leve (Giuseppe Tornatore, Francesca Archibugi) e venerati maestri (Robert Altman, Manoel de Oliveira, Raul Ruiz, Theo Angeolopulos), schizzando ritratti memorabili (Oci ciornie, Verso sera, Sostiene Pereira).
Per fortuna, la retrospettiva propone alcune coordinate per orientarci in questo mare magnum. Certo, la sezione in gloria del centenario di Luciano Emmer indica percorsi alternativi, con le prove giovanili dell’attore in Domenica d’agosto, Parigi è sempre Parigi e Le ragazze di Piazza di Spagna. Quest’ultimo è il film che codifica il suo tipico ruolo bonaccione degli anni Cinquanta – che trionfa in Peccato che sia canaglia e decade con Le notti bianche – e dove si incrocia per la prima volta con Eduardo De Filippo, col quale Mastroianni intreccia una curiosa liaison: ci recita insieme in Ferdinando I° re di Napoli e nel meraviglioso Fantasmi a Roma, interpreta Matrimonio all’italiana tratto da Filumena Marturano, si fa dirigere in uno dei due episodi di Oggi, domani, dopodomani imposti dal miope Carlo Ponti per “salvare” lo sconvolgente L’uomo dei cinque palloni, e in Spara forte, più forte… non capisco.
Al pari del magnifico Leone l’ultimo di John Boorman, l’atto finale della problematica relazione tra Eduardo e il cinema è una trasposizione del capolavoro Le voci di dentro talmente sbalestrata da meritare una rilettura. Ma la sezione permette di riscoprire i clamorosi colori campestri di Giorni d’amore e capire per quale diavolo di motivo qualcuno minimizzi ancora il cinismo teorico di La fortuna di essere donna, assistere all’incredibile versatilità di un laziale capace di due strepitose varianti sicule (l’impotente Bell’Antonio e il leggendario barone di Divorzio all’italiana) ed inventarsi dal nulla un geniale generale Custer nella nuova Parigi in fieri (Non toccare la donna bianca), devastarsi col dolore insopportabile di Cronaca familiare e strabuzzare gli occhi di fronte alla perfezione de I compagni. Cosa c’è da ritrovare? Tutto, e non si finisce mai. “Come Mastroianni anni fa”, dice il cantautore, ma noi, quei “momenti intensi”, non abbiamo alcuna intenzione di perderli.