Mal’čik i Devočka - Boy and girl (1966), o semplicemente Lui e lei, è un film prezioso di Julij Fajt, introdotto e presentato ieri pomeriggio da Peter Bagrov e dal regista stesso, nella sezione Censurati, Ritrovati e Restaurati. Figlio di un famoso attore del cinema muto (Andrej Fajt), comparsa in Ivan il Terribile (1944) di Sergei Ėjzenštein e compagno di scuola di Andrej Tarkovskij, Fajt è stato uno degli esponenti principali della New Wave sovietica, rallentato nella sua produzione artistica e trasformato profondamente dall’intervento della censura proprio sul film Mal’čik i Devočka. Questa condanna, che riduce ed etichetta il film di Fajt a produzione di terza categoria, si ripercuote sul regista, al quale viene impedito per almeno una decina di anni di girare altri film di finzione. Oggi, dopo oltre cinquant’anni, Mal’čik i Devočka restituisce agli spettatori le tendenze stilistiche della nuova onda sovietica, attraverso una serie di riferimenti che spaziano dal contesto francese e europeo a quello più dichiaratamente sovietico.
La pellicola è stata recuperata e restaurata, lavorando essenzialmente sul ripristino del colore, che appare folgorante soprattutto nella prima parte del film. Mal’čik i Devočka racconta e fotografa un’epoca lontana, quella della metà degli anni sessanta, intrecciando al coming of age di due giovani adolescenti la storia e le abitudini di un paese lontano, perso nel tempo e nello spazio, reso attraverso colori, musica, canzoni, versi poetici e simboli iconici fortemente connotati. Sulla storia, sugli incontri e sulle vite di lui e lei domina prepotentemente almeno nella prima parte la musica, che dalla radio o dalla chitarra di un novello Vysockij rispecchia, accompagna o contrasta stati d’animo, desideri e pulsioni. Il film mescola e amalgama toni e generi diversi, componendo una sorta di koinè unica e irripetibile che esprime attraverso un dramma esistenziale la semplice e rude supremazia dell’istinto sui sentimenti, del sesso sull’amore.
Mal’čik i Devočka si apre con una sequenza di festa che celebra in una casa borghese la fine della scuola e l’inizio delle meritate vacanze. Il protagonista, lui (Nikolaj Burljaev), viene mandato in Sanatorio, in una località del Sud, a trascorrere un periodo di sole e mare. Fajt si concentra sul ragazzo, seguendolo con la macchina da presa, stringendo spesso il primo piano, enfatizzando la distanza fra il giovane e gli altri, fra il suo corpo al sole e quello della massa rumorosa e festosa. Nel lento trascorrere dell’estate e nel tripudio di colore e natura, incorniciata dall’architettura austera della sala dove vengono serviti i pasti, arriva finalmente lei (Natalija Bogunova): diafana, bionda e classicamente bella. Lui sembra colpito dalla folgore e comincia un corteggiamento serrato, talvolta ingenuo e goffo. Tutto cambia quando finalmente i due si avvicinano e si amano, mentre la natura si appresta ad accoglierli e a nasconderli. Il colore, caldo e pieno dell’inizio del film, lascia spazio a sfumature e frammenti di luce e ombre; emblematico il primo bacio appassionato che lui e lei si scambiano in riva al mare: il fascio di luce proiettato dalla luna sul mare abbraccia e nasconde i loro corpi, che per la prima volta si confondono. Allo stesso modo, la sequenza incriminata, tagliata dalla censura e salvata dallo stesso Fajt, cattura lui seduto fra i fiori, assorto, in ammirazione di lei, che fra i fiori si confonde, sino a quando la macchina da presa si muove, anticipando i corpi dei protagonisti e suggerendo un’ellissi temporale, risolta dall’inquadratura successiva, in cui i due giovani, dopo l‘amore, si abbandonano al sonno, avvolti dal verde della natura. Quel che segue, l’abbandono, l’addio e la vita dei due protagonisti sembra sdoppiare il film, come la sequenza in cui lui legge una lettera di lei, e voltandosi verso uno specchio raddoppia la sua immagine, rappresentando concretamente le due possibilità: tornare da lei oppure restare e protendersi verso altri incontri.
Il film esita, si concentra e si chiude infine su lei, sola nella località di villeggiatura, con il suo bambino biondo, davanti al mare, a ripetere e a deformare un altro finale aperto e struggente della storia del cinema.