“Anora” e il tramonto del sogno americano
Anora, pur non sembrando un’eccezione nella galleria di dolci disgraziati di Baker, ha almeno quattro marce in più. Forse cinque, forse sei, prendendo in prestito la battuta con la quale l’impulsivo e sconsiderato Vanya, parlando di carati, finirà per convincere Ani a convolare a nozze. Erroneamente considerata una parente della più fortunata e iconica Vivian di Pretty Woman, Anora si rivela semmai la moderna sorella di Cabiria, figura resa immortale dalla coppia Masina-Fellini.
“Red Rocket” e la disillusione dell’altra America
Per quanto disillusa, l’America descritta da Baker resta prigioniera di una “coazione a sognare” veicolata dall’urbanistica, dal cinema, dalla tv-spazzatura, che la rende vulnerabile a tentativi di corruzione dall’esterno. Non a caso è frequente il tema dello sfruttamento sessuale e ancor più quello della pedofilia (le scene di adescamento). In un’unica gigantesca messa in scena del detto “non accettare caramelle dagli sconosciuti”, il grooming si fa metafora universale delle insidie tese a una provincia sperduta e bambina da un paese falsamente camuffato da bomboniera, popolato da coloratissime gelaterie e negozi di ciambelle sul cui sfondo fumano le ciminiere di scenari industriali da incubo.
“Un sogno chiamato Florida” e la casa di bambole troppo grande
L’utopia è ottenere, attraverso il ridimensionamento del sistema, la legittimazione di una statura economica inferiore. Sembra essere questa la traiettoria sottintesa di Un sogno chiamato Florida. Nel film di Sean Baker, il motel Magic Castle è una casa di bambole troppo grande, sproporzionata come il chiosco a forma di gelato gigante, tanto che la piccola Moonee, contesa tra inquadrature ad altezza bambino e grandangolari alienanti, è vittima, più che protagonista, di una distorta scenografia da live action in cui la dimensione degli edifici è talmente imponente da marginalizzarla. Ed ecco che Disneyworld appare il nocciolo di una fantasia di ridimensionamento, il luogo, immaginario e metaforico, in cui Moonee tenta di riconquistare una dimensione propria dell’infanzia, minacciata, oltretutto, da una madre kidult che rischia di usurparle il ruolo di principessa.