“Che strana forma di vita
ha questo mio cuore:
vive di vita perduta”.
Amália Rodrigues - Estranha forma de vida
Il nuovo cortometraggio di Pedro Almodóvar inizia immerso nella saudade del fado che lo introduce. Con un ragazzo che canta Estranha forma de vida, della cantante portoghese Amália Rodrigues, il regista ci avvisa che la sua estranha storia di cowboy di mezza età ha molto a che fare con l’amore e con la nostalgia e anche col destino, il desiderio e la perdita.
Siamo nel vecchio West di inizio ‘900, in un piccolo paese in cui lo sceriffo Jake (Ethan Hawke) e il suo amico Silva (Pedro Pascal) si ritrovano dopo venticinque lunghi anni che hanno cambiato le loro vite. Ma l’incontro in realtà non è casuale - perché il figlio di Silva è sospettato di aver ucciso la cognata di Jake, a sua volta determinato a cercare giustizia per la donna - e soprattutto è il pretesto che riaccende la passione nata in gioventù tra i due.
Il primo western di Almodóvar è breve, intenso, curato nei minimi dettagli, e vanta una cornice di arredi, abiti e oggetti di scena elegantissimi, frutto della collaborazione tra la casa di produzione dello stesso regista, El Deseo, e della maison Yves Saint Laurent, il cui direttore creativo Anthony Vaccarello ha ideato i costumi di scena.
Nei suoi appena trenta minuti di durata il film racconta la forza della tensione erotica che lega i due amici; una tensione negata e soffocata da Jake, inseguita e desiderata da Silva. Questo duello senza pistole, questa gara a chi cede all’altro, culmina durante la cena fra i due cowboy: un serrato dialogo teatrale diventa un ballo di sguardi che si sostengono a fatica, di ricordi che sono stati sepolti e ora riemergono, di parole mai dette che prendono improvvisamente forma e coraggio e diventano pericolose come le rapide di un fiume.
Con i dialoghi d’amore diretti Almodóvar gioca in casa e trova supporto nella coppia Hawke-Pascal, l’uno granitico e misurato quanto l’altro sensuale e incalzante. Una scena, quella della cena, talmente intensa che rende superflua quella del sesso che seguirà nella notte - lasciata al vuoto di un’elissi narrativa - e cede direttamente il passo al mattino seguente, ritratto nell’intimità di una camera da letto da governare e di abiti da scegliere.
Il western che dipinge Almodóvar si tinge delle tinte rosse rubino del melodramma, genere tanto amato e frequentato dal regista, che a sua volta riesce però a stemperarsi con incredibile naturalezza nel western classico. Ai dialoghi intimi (“cosa potrebbero fare due uomini che vivono soli in un ranch?”), ai dubbi amorosi (Silva dopo venticinque anni corre da Jake perché lo ama o per proteggere il figlio?), alle sottotrame sentimentali e famigliari (la cognata di Jake era anche una rivale d’amore di Silva?) fanno da contraltare i paesaggi desertici, la terra battuta da cui si alzano nuvole di polvere gialla, le pistole scintillanti, i cavalli al galoppo, gli studiati abiti da cowboy, più eleganti per l’uno, più casual per l’altro, fino all’immancabile triello in cui tutti si tengono sotto tiro a vicenda.
I richiami ad un classico del genere come Là dove scende il fiume di Anthony Mann sono innegabili: la squillante giacca verde bandiera di Silva richiama quella leggermente più sbiadita del conduttore di carovane Glyn (James Stuart); i cowboy di Almodóvar hanno un passato da mercenari così come Glyn e Cole (Arthur Kennedy) sono ex banditi; l'esplicita tensione omoerotica fra Jake e Silva ricalca il forte cameratismo tra i protagonisti maschili di Mann (a cui si aggiunge anche Rock Hudson) e in entrambi i casi azzera o quasi i ruoli femminili.
Eppure Almodóvar non vuole rifare il western classico, lo vuole reinventare. E lo fa senza eludere le caratteristiche di genere ma rivisitandole e aggiungendo al tutto una tensione ambigua, sotterranea e pronta a esplodere con violenza come accade in un altro western recente quale Il potere del cane di Jane Champion, a cui il regista ha confessato di aver guardato.
E allora nella scena finale quel “prendersi cura l'uno dell'altro” pronunciato da Silva assume un significato ambivalente: può essere una dichiarazione d’amore di chi è pronto da sempre a soccorrere l’amato ma può essere anche una dichiarazione di colpa, di chi ha sacrificato l’altro per esaudire il proprio desiderio.