Non c'è di che stare tranquilli in mezzo ai vivi, sembra dirci Among the Living (1941) di Stuart Heisler. Alla morte del potente padre, John Raden scopre che il fratello gemello Paul, da lui creduto morto da molti anni, è stato in realtà tenuto nascosto sino a quel momento in quanto pazzo, per paura di cosa la società avrebbe potuto fargli. Non solo, Paul è riuscito ora anche a scappare dal maniero di famiglia, e avvertire le forze dell'ordine non pare un'opzione percorribile.

Heisler era giusto reduce dall'horror The Monster and the Girl, e gli viene affidata una sceneggiatura di Lester Cole e di un grande scrittore di horror melodrammatici come Garrett Fort, che aveva lavorato su Dracula di Tod Browning e Frankenstein di James Whale. Proprio come Frankenstein, anche Paul è un mostro perché qualcuno lo ha fatto diventare tale: non uno scienziato che lo ha messo insieme utilizzando il cervello di un omicida, ma un padre violento che picchiandolo gli ha causato un danno cerebrale dopo il quale la sua personalità è cambiata.

E tocchi di orrore sono presenti ovunque nelle atmosfere sinistre di Among the Living, dalla meravigliosa e alla terribile scena dell'inseguimento di una ragazza da parte di Paul, che scompare nel gorgo oscuro di un vicolo, alla ferocia compiaciuta con cui la folla insegue Paul e poi John, credendolo il fratello, così simile a quella di M – Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang.

Il tema dei gemelli e del doppio non viene qui utilizzato, come sovente accade, per dar luogo a riflessioni di tipo esistenziale o psicanalitico, ma, nella parte finale, quando John viene scambiato per Paul, per mostrare le conseguenze terribili dell'attribuzione di un giudizio sommario senza discernere nel cuore dell'individuo. Che a farlo sia poi anche, in testa, la deliziosa Susan Hayward, qui alla prima delle collaborazioni con Heisler, pare quasi inaccettabile.

In tutto questo è possibile riconoscere la penna di Lester Cole, uno degli Hollywood Ten, i primi a finire sulla lista nera ai tempi del maccartismo. Tipicamente sua è la rappresentazione del disordine costituito: non solo gli operai che protestano al funerale di Raden padre, ma anche la descrizione della città che i Raden possiedono per intero, dalla fabbrica che troneggia maestosa e terribile sul paesaggio, alle attività commerciali, ai medici che compiacenti dichiarano false morti, alle vite degli abitanti che dipendono dall'avere o no una paga.

C'è un modo ambivalente di guardare alla gente: da un lato la folla inferocita pronta a accanirsi su un sospettato senza un giusto processo, e dall'altro lato la moltitudine che affolla la strade colorandole (anche se siamo in bianco e nero, ebbene sì) di una commovente minuta operosità. Ed è proprio lì che affiora la parte più intima e sensibile di Heisler, quello sguardo non militante ma attento e compassionevole con cui (si veda ad esempio anche Journey into Light) ci mostra i miseri e i derelitti.