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“È nata una stella” e il one-woman show di Judy Garland
Nonostante si tratti di un musical tardo, la colonna sonora di È nata una stella ha la stessa potenza delle grandi produzioni degli anni ’30 e ’40, accompagnandoci dietro le quinte dei teatri di posa, alla scoperta di luoghi e personaggi; esattamente come accadeva nei film di Busby Berkeley e nelle produzioni targate Warner. Basti pensare al numero musicale d’apertura in Gotta Have Me Go With You, ma soprattutto la struggente The Man that Got Away, pezzo che lascia intuire le vere potenzialità drammatiche e vocali di Esther-Judy. Ma in realtà è l’excursus metacinematografico di I Was Born In A Trunk la vera anima del film; cucita ad hoc per le straordinarie capacità d’interprete di Judy Garland la sequenza è un one-woman show pressoché unico nella storia del cinema americano.
“A Star Is Born” e la storia che si ripete
Se, come si afferma nel film, “la musica è fatta da 12 note, è il modo in cui vengono usate per dire qualcosa a fare la differenza”, viene da chiedersi in che cosa il debutto cinematografico di Bradley Cooper dietro la macchina da presa faccia la differenza rispetto ai suoi predecessori (William Wellman – 1937, George Cukor – 1954 , Frank Pierson – 1976), oltre al mero aggiornamento coreografico e di stile musicale. Ci si chiede, insomma, quale lettura ci offra del presente. Cosa ci vuol dire A Star Is Born, oltre ad invitarci a credere nei propri sogni e a ricordarci che con impegno, talento e fortuna si possono raggiungere tutti gli obiettivi? Perché questo messaggio non è particolarmente innovativo (se lo sente dire peraltro anche il protagonista di Erom, film di Yaron Shani anch’esso presentato a Venezia 75).