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“Luci d’inverno” e il cinema dell’asciuttezza

La volontà programmatica di Bergman era di costruire un film “semplice”, perfettamente resa in un’asciutta esattezza di inquadrature, fotografia, paesaggi, colonna sonora. Esplicito anche il tema, un sentimento dell’abbandono divino che è evidente nel dolore sordo di Tomas, nella fatica della vita di ogni giorno, nella distanza dei fedeli gli uni dagli altri e dal sacramento. Il titolo italiano, pur suggestivo e rispettoso, si addentra meno nel cuore della questione dell’originale svedese, traducibile come “I comunicandi”: protagonista della narrazione non è un singolo uomo, ma una comunità di persone che si accostano al sacramento dell’eucaristia. Nel pastore Tomas e in tutti coloro ai quali si rapporta, è innegabile l’affanno a entrare in comunione con Dio, ma anche gli uni con gli altri, a dispetto dei molti dialoghi e tentativi di comprensione reciproca.