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Dolore e gloria dell’amore spezzato. “The Human Voice” tra finzione e realtà
Poco drammatica e molto ironica, giocata su incastri a scatole cinesi di finzione e realtà, la versione di Almodóvar dell’opera di Cocteau si allontana dall’originale con un finale nuovo, e segna uno scarto dal suo precedente cinematografico più illustre, diretto da Rossellini nel 1948 con l’interpretazione di Anna Magnani. Nell’arco che li collega a cominciare dal minutaggio, del tutto assimilabile, è soprattutto il disegno della figura femminile a fare da specchio dei tempi. Sottomessa, disperata e implorante la Magnani di Rossellini, post-moderna, misteriosa e reattiva la Swinton di Almodóvar.
La magia del cinema secondo Wes Anderson e Tilda Swinton
Chi meglio di Wes Anderson e Tilda Swinton potrebbe raccontare la magia del cinema? Celebri per l’unicità ed eccentricità che li caratterizza, i due, da autentici cinefili, hanno guidato alcuni giorni fa il pubblico del British Film Institute attraverso titoli insoliti, partendo dal fiammeggiante universo di Micheal Powell ed Emeric Pressburger. Fondatori della casa di produzione Archers e attivi principalmente tra gli anni ’40 e ’50, Powell e Pressburger realizzarono racconti dominati da toni fantastici e romantici, distaccandosi dal forzato realismo tipico del cinema britannico di quel periodo. Dalla nostra corrispondente a Londra.
“Suspiria” – perché no
Il rosso vivido che schizza sulle pareti, i corpi nudi che si contorcono e la magia rimangono congelati come in una Polaroid. La ferocia di Quentin Tarantino non si addice a Guadagnino perché non ne mostra la visceralità intrinseca, bensì si limita ad esporre le viscere. Gli effetti speciali e la colonna sonora di Thom Yorke non aiutano a sorreggere il film. Così come né l’androgina bellezza dell’attrice feticcio Tilda Swinton (madre e amatrice solinga), né le bellezze di un cast che attinge, anche nello stile, da Fassbinder, non sono riusciti a liberare Guadagnino dalle catene della sua mente. Il regista quindi non riesce a far sua Suspiria, si attornia di madri-padrone costruendo un’immensa tela, apparentemente bellissima, senza poi riuscire a districarsene, forse anche a causa della sceneggiatura di David Kajganich.