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Speciale “The Mule” V – Eastwood e la libertà
Il regista può così parlare di sé come da un’intercapedine, storia fra storie nell’affollata galleria che viene allestendo da ormai cinquant’anni. Parla di libertà, anzi parla libertà, concedendosi come un ballo o un pranzo, come un ultimo respiro, un frasario con cui sa bene che nessuno che non abbia 89 anni e non si chiami Clint Eastwood potrebbe mai cavarsela oggi. Cupamente in pari col paese reale – come quando gli agenti DEA perquisiscono un messicano, “statisticamente i cinque minuti più pericolosi della mia vita!” – lui, che non votò Trump ma aveva dichiarato di preferirlo all’avversaria Clinton perchè “almeno dice quello che pensa”, sposa in un dolly finale da K. O. l’ormai famigerato muro del presidente-barzelletta e quello, nominalmente la barricata opposta, della Hollywood che gli è sempre stata famiglia.
Speciale “The Mule” IV – La semplicità dei grandi
Il tempo è certamente un tema centrale nel film di Eastwood, come lo è anche in tutta la sua filmografia e non si tratta dunque solo di questioni anagrafiche. In tutti i suoi film infatti c’è sempre un momento in cui tutto il tempo passato, presente e futuro, sembra addensarsi attorno ad una singola scelta, un solo momento decisivo in cui il protagonista sente che ad un certo punto, deve prendere quella decisione e nessun altra. Questioni di coerenza, di etica, di verità. Fare la cosa giusta, assume nel cinema del regista sempre un valore che dall’individuale, si eleva all’universale. Essere decisi e dunque decisivi. Senza enfasi e clamori, sempre senza retorica, l’esempio del singolo che può ispirare una collettività, è una delle pietre angolari del cinema di Eastwood.
Speciale “The Mule” III – Il ladro di didascalie
È come se Nick Schenk (già sceneggiatore di Gran Torino) si fosse dimenticato una delle regole fondamentali del suo mestiere: il sottotesto. The Mule è ipertestuale, ai limiti della prevedibilità, suggerendo un arco narrativo stancamente intuibile fin dal prologo-antefatto. Gli unici guizzi di scrittura ce li regala Eastwood, con i suoi commenti caustici disseminati qua e là in un film ampiamente sfrondabile nel minutaggio (a partire dalla festa nella villa di Andy Garcia). Perché il blocco centrale di The Mule è una lunga sequenza episodica che, raccontata la prima puntata, si ripete pressoché uguale viaggio dopo viaggio, consegna dopo consegna.
Speciale “The Mule” II – Rielaborazione del mito
Clint stavolta non rifà Clint, piuttosto ridefinisce i contorni spigolosi della sua icona, ne affina ulteriormente lo spirito – fieramente americano nella poetica del self made man, progressista nel continuo desiderio di mescolarsi con una disperata umanità di frontiera – dialoga con i suoi tanti alter ego sopraffatti dalle contingenze terrene, gente che ha dovuto perdere tutto per ritrovare un po’ di umanità: fantasmi di un tempo passato, anime perse che hanno ancora il disperato bisogno di un corpo cui aggrapparsi. Il vecchio Earl il capitale umano lo raccatta poco alla volta, “on the road”, nelle sue corse contro il tempo (perché ne ha davvero poco e non ne può mica comprare), mescolato tra messicani mangia-fagioli, “niggers” bloccati a bordo strada, narcos a cui concedere il solito impeto paternalistico e lesbiche scambiate per virili centauri.
Speciale “The Mule” I – Fragile e fortissimo
Mentre guida il suo furgone trasportando droga per il cartello messicano, il novantenne Earl Stone ascolta Dean Martin che sulle note della famosa Ain’t That a Kick in the Head? canta “How lucky can one guy be? I kissed her and she kissed me” [Quanto può essere fortunato un ragazzo? L’ho baciata e lei mi ha baciato]. Questa scena di The Mule – storia vera e incredibile di Leo Sharp, nonno americano che diventa corriere di droga, ma anche storia on the road again di un regista che a 89 anni non ha finito di dirci quel che ha da dire – ci introduce, con scanzonata leggerezza e ironia, al tema complesso e potenzialmente doloroso che Eastwood ha deciso di indagare attraverso il film: quello della ricerca della felicità nel tempo che ci è concesso vivere, della realizzazione di se stessi nell’arco di una vita.