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Ingrid e Anna. Storie di cinema e di arcipelago

Nell’arcipelago delle Eolie, in quella primavera-estate del 1949 non ci sono soltanto Roberto Rossellini e Ingrid Bergman per girare Stromboli. L’energia dei vulcani rapisce come in un incantesimo di lava – e di gelosia – anche Anna Magnani. Con la diva giunta alle Eolie il 7 giugno, Vulcano diretto da Dieterle e prodotto dalla stessa Magnani sarà il film rivale, che la vedrà protagonista per sfogare la sua rabbia di donna tradita.

“Indiscreto” e la schermaglia attoriale

Indiscreto è una “commedia da camera” che molto deve alla sua origine teatrale (la pièce Kind Sir di Norman Krasna), che gioca meta-cinematograficamente sull’“essere attrice” della protagonista e che trova nelle brillanti performance di Cary Grant e di Ingrid Bergman (di nuovo insieme dopo Notorious) il fulcro stesso del suo procedere: i romantici dialoghi tra i due o le divertenti schermaglie amorose sono sempre pezzi di incredibile bravura che si succedono a ritmo sostenuto affinché lo spettatore ne sia totalmente catturato e chieda ai due giganti un altro “numero”, sia esso la magnifica danza ballata con estrema e divertita eleganza da Cary Grant  o il “Damn!” urlato dalla Bergman in seguito alla scoperta della verità e ad una delle battute più memorabili del film: “How dare he make love to me and not be a married man!” (“Come osa far l’amore con me senza essere sposato!”). 

“Il peccato di Lady Considine”: Ingrid Bergman, passione e desiderio

La contemplazione e lo studio dei personaggi superano il dinamismo dell’azione e il dispiegarsi della vita emotiva dei protagonisti, immersi in una giostra di passioni e (ri)sentimenti, si avvicina di più al cinema della descrizione e del racconto che a quello dell’invenzione e dello svelamento. Fondamentale scelta estetica in Under Capricorn è poi l’utilizzo dell’immagine autosufficiente – un altro modo per riflettere sull’idea hitchcockiana che ciò che si vede sullo schermo deve tenere conto della capacità che ha l’occhio umano di non divagare – riempita dalla figura di Ingrid Bergman e dal peccato che la consuma, capace di portare alla luce l’altro Hitchcock, quello dei dialoghi poetici, del romanticismo che dal tono idillico si volge in incubo allucinato e della tecnica del long take già sperimentato in Nodo alla gola.