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“Glass Onion – Knives Out” invito al giallo con citazionismo

Glass Onion – Knives Out di Rian Johnson è il secondo capitolo di una annunciata trilogia cominciata con Cena con delitto – Knives Out (2019), il cui successo ha fatto da apripista al revival massiccio della lettura del genere incentrata su autoironia e iper-consapevolezza. Nulla di inedito, naturalmente: la compresenza di trama gialla tradizionale e sua contemporanea aperta presa in giro è qualcosa che viaggia sugli schermi almeno da Invito a cena con delitto di Neil Simon. Ciò che Johnson ha saputo fare con perizia è stato riprendere questi stilemi virando ulteriormente verso ossessioni tutte (post)contemporanee come il citazionismo e la meta-narrazione.

Whodunit? “Cena con delitto” tra tradizione e innovazione del genere giallo

In Cena con delitto non c’è nessuna cena e il delitto è strumentale a una più ampia meta-riflessione sul genere giallo nel suo complesso. La titolazione italiana dell’originale Knives Out si serve dell’immaginario culturale ascrivibile all’universo del whodunit, figlio della letteratura di Arthur Conan Doyle e Agatha Christie, accessibile da cinefili e non. Nel primo caso omaggia alcuni film cardine, come il parodistico Invito a cena con delitto (Robert Moore, 1976). Nel secondo richiama alcuni elementi del genere immediatamente riconoscibili – la situazione conviviale, il delitto – che hanno contaminato anche le pratiche di consumo (i cosiddetti murder party). Per quanto possa funzionare in termini di marketing, tradisce in parte i contenuti. Perché in Cena con delitto, il delitto perde la sua centralità ed è il genere stesso a divenire protagonista assoluto.