Archivio
Gli immaginari (sub)urbani di “Under the Silver Lake”
Cosa succede quando si assiste alla saturazione di un immaginario condiviso in un film volutamente citazionista? Accade il più delle volte che un’esondazione iconica sgretoli l’unità strutturale dell’opera, che seppellisca la visione globale e autoriale in un affastellarsi di suggestioni e vertigini parossistiche. Non è il caso di Under the Silver Lake. Poteva essere per l’appunto una caotica “map to the stars” immersa in una fluviale riproposizione di modelli e icone visive, oltre che un vuoto collettore di chincaglierie del passato. In Under the Silver Lake tutto è corpo e tutto è simulacro, poiché non vi è discrimine tra realtà e fantasmi, tra i pieni dell’estetica e i vuoti del racconto. L’insieme convive su uno stesso piano di realtà – un immaginario ordinato e ordinabile – che fa del sotto il sopra, del vicino il lontano.