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“A prova d’errore” al Cinema Ritrovato 2020

Almeno due linee principali connettono A prova d’errore al resto dell’opera di Lumet: da una parte, quasi come in un seguito di La parola ai giurati, la sua poetica del confronto, reso ineludibile da ambientazioni chiuse che impongono ai personaggi una vicinanza conflittuale quanto proficua, verbale e se necessario fisica. La sua regia claustrofobica fa nuovamente convergere volti, gesti, anime, minando poco a poco l’impersonalità robotica imposta dai ranghi, dai protocolli militari e dalla tecnologia. Attacco a una distanza sempre più preoccupante dal mondo vissuto, nel cui ritratto l’autore riversa tutti i suoi dubbi sulla civiltà dell’immagine. Squarcio spaventoso su un mondo di completa atrofia comunicativa, incapace di arrestare una corsa verso l’autodistruzione programmata chissa da chi e perché, A prova d’errore tiene incollati alla poltrona e addirittura commuove per la sua ricerca disperata di un fuoco sotto la cenere, di un cuore ancora pulsante da qualche parte fra valvole e circuiti. Contro l’ironia kubrickiana, il grottesco senza appello, la presa d’atto del disumano e dell’assurdo come sostrato della civiltà nei secoli dei secoli, lascia con un grido d’aiuto e la speranza di una risposta.