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“Run, Hide, Fight” a Venezia 2020
L’irruenza da b-movie di Run, Hide, Fight, che entra a gamba tesa nella discussione da una prospettiva conservatrice fino al midollo, ha il merito oggettivo di infrangere questo tabù, tentando con le armi viscerali del cinema di genere di restituire un senso degli eventi, una “visione” (in luogo di un puro “sguardo”) su perpetratori e vittime. Non è un caso che, prima di scatenarsi a cervello spento per tutto l’ultimo atto, per costruirsi dei presupposti psicologici l’action adrenalinico chieda soccorso all’horror, il genere che assieme a certa commedia demenziale ha meglio esplorato il lato oscuro dell’america adolescente. Sottolineiamo psicologici, perché ovviamente l’idea di un’origine ambientale della furia omicida non sfiora la sensibilità redneck dei realizzatori.