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L’elegia del clown triste. Charlie Chaplin e “Luci della città”

È un cinema fatto tutto di sguardi e di dettagli, di campi e controcampi, è un uso emotivo delle immagini che si fa pura poesia visiva, sostenuta da una colonna sonora particolarmente malinconica; una poesia che si ripeterà nei numerosi incontri fra i due e tornerà specularmente nel commovente finale, intriso di amore puro e platonico: quando cioè la ragazza ha riacquistato la vista, e capisce l’identità del suo benefattore solo toccandogli la mano. I pannelli coi dialoghi scritti sono ridotti al minimo, e Chaplin manifesta i sentimenti con un uso archetipico e primigenio delle immagini e della musica, confermandosi un genio assoluto della storia del cinema.