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“Avanti c’è posto…” e l’uomo oltre la maschera
È naturale che per il suo debutto al cinema Aldo Fabrizi decida di puntare sul sicuro, anche per non sprecare l’occasione offertagli in piena guerra (siamo nel 1942) dal produttore Peppino Amato. L’attore romano prende quindi le redini della situazione: si cuce addosso una sceneggiatura che gli permetta di rielaborare uno dei ruoli tipici dei suoi spettacoli degli anni trenta (il bigliettaio sul tram) e che valorizzi le sue ammirate e comprovate doti recitative, per farsi poi guidare dall’occhio del più esperto Mario Bonnard. Eppure non si può, nel lodare la buona riuscita del film, tralasciare l’apporto alla sceneggiatura di un giovane Fellini (accreditato come “Federico” nei titoli di testa), che proprio l’amico Fabrizi volle al suo fianco nell’operazione: il tocco felliniano è ben visibile nel tono generale del film che, pur centrato sulla presenza scenica di Fabrizi e sulla sua prorompente vitalità, si lascia infondere di incredibile dolcezza sfiorando la malinconia.