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“Conclave” in un mondo di giocatori e pedine
Conclave è un asciutto e classico thriller morale e, verso il finale, forzatamente fantapolitico del quale, al di là delle puntuali prove offerte da un cast che si sapeva di prim’ordine e della scrittura dell’esperto Straughan, resta poco di davvero memorabile. Non promettendo né più né meno di quanto prospettato dalla sua confezione. Perlomeno, in Conclave si ritrova un’interessante incursione in tematiche che avrebbero meritato una più approfondita indagine, quali femminismo e inclusività.
Sangue, morte e fango nel terzo adattamento da Remarque
La trincea è il luogo d’azione principale della vicenda, poiché la Grande Guerra fu innanzitutto una guerra di trincea, ricostruita dagli scenografi con la maestosità di un kolossal e un’attenzione certosina ai dettagli – è possibile che Berger si sia ispirato al celebre 1917 di Sam Mendes, anche per la presenza reiterata dei piani-sequenza sui soldati che si muovono nel dedalo di legno, fango e filo spinato. Così come ricchi sono il dispiegamento di armi, tra fucili, granate e mitragliatrici (con spari ed esplosioni live), e le divise dei militari.