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“The Brutalist” speciale III – Traiettorie di sguardi e verticalità di visione

È un progetto situazionale che rincorre lavorando su un piano materiale e analogico, girando e proiettando in pellicola (in alcune sale anche in Italia), lavorando su una lunga durata (tre ore e mezza), nella quale è prevista anche una fine primo tempo (all’interno del film stesso). Un film che ribadisce, a partire dalla sua natura materiale e dai processi realizzativi e riproduttivi coinvolti, il suo statuto di cinema-cinema (che guarda in alto, per l’appunto, e che è guardato dal basso, come da usanza, che sovrasta).

“The Brutalist” speciale II – Epos dello sradicamento

Perché The Brutalist non fa altro che seguire la scia del brutalismo architettonico per colmare di senso ogni interstizio rimasto incorrotto, ogni pensiero vergine nell’era industriale e capitalistica di cui László è vittima. Sinfonia distorta del “mondo grande e terribile” di gramsciana memoria, The Brutalist procede in mezzo a “petrose” rime (memorabile la sequenza a Carrara) e al minimalismo del Bauhaus che dà forma concreta alle geometrie stentoree del comando.

“The Brutalist” speciale I – Il cinema della modernità

Al suo terzo lungometraggio da regista, Brady Corbet cementifica la sua concezione del cinema come specchio epicizzante della modernità. Terzo lungometraggio e terza biografia fittizia di una personalità simbolo della propria epoca, la cui vita diventa spunto drammatico per uno squarcio sul mondo l’ha portata all’emersione. Questo è The Brutalist, il lavoro produttivamente più ambizioso del regista e affermazione definitiva della sua autorialità.