Archivio
“Queer” speciale IV – Incubi sintetici e desideri fantasmatici
Nel cinema di Guadagnino il desiderio è una forza carnale, indissolubilmente legata alla realtà dei corpi, una visione esplicitata attraverso la messa in scena e la ripresa di una corporeità materiale e vitale, a volte così viscerale e famelica da sconfinare nell’orrorifico, come in Bones and All o Suspiria. In Queer, nonostante la presenza di scene di sesso in cui la realtà del corpo rimane centrale, il desiderio prende strade più metafisiche.
“Queer” speciale III – Tra idea di adattamento e idea di cinema
Il “disincarnato” di Queer fa coesistere libertà di movimento (fuga) con il vincolo intimo (specchio), l’emancipazione visiva con il nodo personale: la teoria con l’intimità. La finzione diventa manifesta simulazione (di sé), l’esperienza disincarnata è contemporaneamente fuoriuscita e ingresso, sia fluttuare nello spazio lontano che fondersi dentro a un corpo vicino, osservarsi o sapersi osservati da sé stessi (come scrivere o essere scritti).
“Queer” speciale II – Ectoplasmi d’amore
L’ayahuasca diventa l’espediente narrativo per superare quella rete che separa, per denudare i cuori, attraverso una danza a due, dove i corpi si compenetrano a vicenda in distorsioni surreali, distruggendo le barriere, le difese, i muri, che impedivano l’intimità emotiva. Quell’intimità che ci porta ad arrenderci all’altro e che Guadagnino, in Chiamami col tuo nome, con sguardo pudico, manteneva segreta spostando la telecamera verso una finestra, un albero, un paesaggio.
“Queer” speciale I – La lussazione dello spirito
Un ibrido che si pone a metà, non senza una dose di incoscienza lynchiana, tra l’omaggio al testo portante della sua giovinezza e la totale demolizione della sua struttura lisergica, dimostrando che è possibile separare la vita dalla scrittura. Oltrepassando quindi la biografia e la lunga ombra nera incombente su qualsiasi successo Burroughs avesse potuto ottenere, Guadagnino ha preferito, a buon diritto, concentrare la sua attenzione sull’effettiva essenza del romanzo, esile e sfuggente, rivestendolo di una luce nuova e abbagliante: la drammatizzazione del desiderio.
Simbolismo queer nell’ombra di Lynch tra “Queer” e “Ho visto la TV brillare”
Queer e Ho visto la TV brillare sono quindi due film per certi aspetti comparabili, nonostante le differenze di storia, tono e sguardo autoriale: entrambi raccontano identità Lgbtq+ e, nel farlo, impiegano una modalità narrativa talvolta ermetica e straniante. Guadagnino lascia più zone d’ombra nell’interpretazione dei sogni e delle allucinazioni di Lee; Schoenbrun, invece, apre allo spettatore squarci perturbanti nella quotidianità dei suoi protagonisti.