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“Kokomo City” e la parola senza censura

Kokomo City è un film che ragiona sui diritti e la tutela delle donne trans negli Stati Uniti, lo fa attraverso le parole di chi subisce ogni giorno minacce e soprusi e verso cui manca sia una risposta delle forze dell’ordine che dei media. La bravura di D. Smith nella creazione di quest’opera risiede nel creare uno spazio libero e incensurato dove sono proprio queste donne ha esprimersi in merito alla propria condizione di vita, senza retorica ed “eroismi”.

“Desire Lines” intrinsecamente queer

È lungo la linea di confine tra essere e apparire che si muove Jules Rosskam in Desire Lines: nel descrivere e raccontare il complesso universo dei transessuali FtM (“Female to Male”, ovvero “da femmina a maschio”) il regista ed educatore americano realizza un’opera cinematograficamente complessa, che non si incasella in un genere preciso ma rompe gli schemi e le loro regole, esattamente come fanno i suoi protagonisti.

“Memorias de un cuerpo que arde” nel fuoco dell’archivio femminile

Memorias de un cuerpo que arde sancisce il corpo femminile come primo archivio della memoria. Il corpo, che si muove nello spazio, che subisce violenza, e che esplora il piacere non può che essere quello di una donna. Nell’evolversi della figura femminile in scena, la regista individua proprio la cassa di risonanza di mille pensieri e ricordi, di cose mai dette, di dolori celati; nel film di Antonella Sudassi Furniss il corpo di donna è un fuoco che divampa per attirare l’attenzione che non ha mai ricevuto

“La belle de Gaza” nel deserto emotivo

La camera si muove tra le strade di Tel Aviv, alla ricerca di una creatura mitologica: una donna, che ha viaggiato a piedi da Gaza alla città israeliana per poter essere pienamente sé stessa. Il documentario di Yolande Zauberman riflette l’idea di un viaggio attraverso un deserto emotivo, in cui manca la piena accettazione, verso l’oasi della transizione; l’opera mostra le condizioni delle molte donne trans che sono costrette a lavorare come sex worker e rischiano la loro vita ogni giorno sulle strade israeliane.

“Les femmes au balcon” tra Hitchcock e Sciamma

Nel film di Merlant (presentato a Cannes 2024 e ora a Gender Bender 2024) è sempre la donna ad indirizzare lo sguardo, a riappropriarsi del suo potere. Le tre amiche sono soggetti attivi di visione e di erotizzazione dei corpi e la regista francese (che ha scritto il film con Céline Sciamma, con la quale aveva già lavorato sul set di Ritratto della giovane in fiamme e alla sceneggiatura di Parigi, 13Arr. di Audiard) mira a scardinare una rappresentazione ovattata, tradizionale, della donna, per renderla tridimensionale.

“Duino” nel gioco di specchi delle identità

Il gioco di specchi tra Matías e il personaggio del suo film riflette meta-cinematograficamente la situazione di Juan Pablo Di Pace, che di Duino è protagonista ma anche sceneggiatore, co-montatore e co-regista insieme ad Andrés Pepe Estrada: Di Pace ha scelto la propria vita come soggetto del suo lungometraggio di debutto dietro la macchina da presa per raccontare quei sentimenti di incompiutezza e di potenzialità inespressa che hanno caratterizzato e caratterizzano tante “storie mancate” di giovani omosessuali, prigionieri di soffocanti culture etero-normative e di solidificati pregiudizi sociali.