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“Come to the cabaret!”: le canzoni di “Cabaret”
In Cabaret l’inquietudine della Germania di Weimar perde qualsiasi tipo di connotato storico, riflettendosi sulla gestualità, i costumi ed il trucco dei personaggi all’interno del Kit-Kat, in quella che è a tutti gli effetti una rinuncia alla “supposta realtà” (come direbbe La Polla) a favore di un sogno meravigliosamente grottesco che si replica sempre uguale a se stesso, come sembra suggerire il maestro di cerimonie (Joel Grey). Un sogno che, allo stesso tempo, è uno slancio di disperata vitalità in cui Brian tuttavia non si rispecchia. In questo senso il film è spaccato a metà: quello che accade dentro il cabaret e quello che accade fuori. Un dualismo incarnato dall’inquieta figura di Sally Bowles, che preferisce al grigiore del mondo esterno l’altrettanto cupo ma pulsante di vitalità mondo del cabaret.
“Cabaret” e l’eterno, grottesco, meraviglioso ritorno dell’uguale
In Cabaret l’inquietudine della Germania di Weimar perde qualsiasi tipo di connotato storico, riflettendosi sulla gestualità, i costumi ed il trucco dei personaggi all’interno del Kit-Kat, in quella che è a tutti gli effetti una rinuncia alla “supposta realtà” (come direbbe La Polla) a favore di un sogno meravigliosamente grottesco che si replica sempre uguale a se stesso. In questo senso il film è spaccato a metà: quello che accade dentro il cabaret e quello che accade fuori. Un dualismo incarnato dall’inquieta figura di Sally Bowles, che preferisce al grigiore del mondo esterno l’altrettanto cupo ma pulsante di vitalità mondo del cabaret.