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“Una bella grinta” di Giuliano Montaldo. La Nouvelle Vague italiana e il lato oscuro del boom economico
L’opera di Montaldo arriva prima della contestazione sessantottina (“prima della rivoluzione”, per usare la citazione di Talleyrand che introduce l’omonimo film di Bertolucci), anticipando le tematiche e i tempi come solo i grandi registi sanno fare, ma se vogliamo è anche attualizzabile all’economia neo-capitalista di oggi, confermandosi come un classico che sa essere specchio del suo tempo ma anche estensibile ad altri contesti. Se Vittorio De Sica metteva alla berlina il successo economico ne Il boom, con Alberto Sordi, in un film sospeso fra il drammatico e il grottesco, Una bella grinta è un film nerissimo e disperato, anche politically uncorrect se vogliamo, che sfocia quasi nei territori del noir: è l’urlo di un borghese rampante che soffre di una specie di bulimia capitalista, ma anche la presa di coscienza degli operai, e la sofferenza di una moglie ingabbiata in un mondo che le va stretto e al quale però risulta impossibile ribellarsi.
“Tiro al piccione” di Giuliano Montaldo a Venezia Classici 2019
Negli anni della narrazione antifascista (Tutti a casa, La lunga notte del ’43, Era notte a Roma, Un giorno da leoni per citarne alcuni esempi), Montaldo si dimostra subito cineasta di grande tolleranza e dallo spirito sinceramente democratico: ciò che gli sta più a cuore è capire l’orizzonte umano di un ragazzo, arruolatosi volontario a Salò, che non ha mai conosciuto altro mondo all’infuori di quello fascista. Pur basata sul testo di Rimanelli, è un’operazione complessa, perché il regista si ritrova a dover costruire un personaggio nuovo per un cinema italiano invece molto ferrato sulla mitologica rappresentazione dei partigiani e su quella spregevole dei fascisti.
“Sacco e Vanzetti” e l’apologo del riscatto
Sacco e Vanzetti recupera la vergognosa vicenda di due anarchici italiani accusati di rapina ed omicidio e condannati a morte da una giuria iniqua e disgraziatamente condizionata da pregiudizi razziali e politici, nel decennio dominato dalla repressione contro i sospettati di anarchia. Apologo educativo e coinvolgente, è incastonato tra due film coi quali costituisce una sorta di trittico sul processo ingiusto: Gott mit uns (1969), che racconta quello sommario contro due disertori poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale; e Giordano Bruno (1973), sullo scontro tra l’Inquisizione e il filosofo.