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Cinema e serie Tv in Italia: tavola rotonda
Negli scorsi giorni, durante il Festival Visioni Italiane, si è tenuta una tavola rotonda dal titolo apparentemente angosciante, “Serie Tv: futuro o morte del cinema?” : un dialogo tra autori, produttori e registi per capire quali siano i rapporti tra le due grandi forme di intrattenimento. L’incontro è stato coordinato dal direttore di questa testata, Roy Menarini, insieme a Emiliano Morreale. Partecipano alla tavola rotonda molti dei protagonisti di questa ondata che sta investendo la serialità italiana: Angelo Barbagallo (produttore de La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana e Il principe libero), Mattia Torre (la mente dietro serie come Boris e La Linea Verticale), Edoardo Gabbriellini (regista per Dov’è Mario? e In Treatment), Mario Gianani (produttore di 1992), Stefano Sardo (sceneggiatore, tra i suoi principali lavori troviamo 1992 e In Treatment) e Claudio Cupellini (regista di Gomorra).
Sostenere il cinema migrante: 10 anni di Premio Mutti – AMM
Per un filmmaker senza cittadinanza italiana trovare i fondi per finanziare le proprie opere è un’impresa impossibile: mancano politiche culturali capaci di incoraggiare queste produzioni come l’Arts Council in Inghilterra o gli investimenti diretti dai parti dei canali televisivi. Non possono accedere ai fondi statali del loro paese d’origine, perché non più residenti e allo stesso tempo si vedono negati anche quelli stabiliti dal Ministero dei Beni Culturali, perché non di nazionalità italiana. Il Premio Mutti, creato nel 2008 da Officina Cinema Sud-Est in collaborazione con la Cineteca di Bologna e che vede oggi anche il prezioso sostegno dell’Associazione Amici di Giana e dell’Archivio delle memorie migranti, crede in queste voci e alla loro bisogno di esprimersi. Proprio per questo sono dieci anni che sostiene l’attività dei registi stranieri provenienti da Asia, Africa, Est Europa, Balcani, America Latina e Medio Oriente dando un contributo in denaro pari a 18.000 euro al progetto cinematografico vincitore.
Il pubblico fantasma. Il cinema italiano oggi
Nel pomeriggio di venerdì 2 marzo, nell’ambito del Festival Visioni Italiane, si è svolta una tavola rotonda, coordinata da Gian Luca Farinelli ed Emiliano Morreale dal titolo “Il Pubblico Fantasma”: un’occasione di confronto tra autori, registi, critici, distributori ed esercenti per riflettere sullo stato attuale del cinema italiano e sulle criticità nel rapporto tra la sala e il pubblico di spettatori. La nostra è una produzione che sta sorprendendo per l’estrema varietà dei generi – basti pensare a musical come Ammore e malavita o a film d’animazione come Gatta Cenerentola – e per la grande qualità degli esordi, tuttavia questi prodotti non ricevono l’attenzione che meritano, né dal pubblico, né dalla critica.
“Manuel” a Visioni Italiane 2018
Manuel è l’opera prima di Dario Albertini, un film completamente “suo” da soggetto a sceneggiatura, musiche e regia. Un’opera che ci parla del suo autore presentandocelo come regista (oltreché artista poliedrico, musicista, fotografo) fortemente affascinato dalle realtà più disagiate, periferiche, abbandonate (quasi pasoliniane). Girato nella periferia romana tra Civitavecchia e Tarquinia, pensato come classico cinema di pedinamento, Manuel è un film che scorre al ritmo del respiro del suo protagonista. Un respiro reso a tratti affannoso e ansimante dal peso delle responsabilità o frenato e sonnolento per via di una vita ancora alla ricerca del bandolo della sua matassa.
“Uno sguardo alla terra” a Visioni Italiane 2018
L’idea è affascinante: interrogare questi cineasti contemporanei su L’ultimo pugno sulla terra, il documentario realizzato da Fiorenzo Serra nel 1964 e risorto nel 2008 grazie al restauro promosso dalla Cineteca sarda con L’immagine ritrovata. Il film, commissionato a Serra dalla Regione in seguito al Piano di Rinascita (un programma di finanziamenti e misure legislative speciali per favorire l’industrializzazione), fu ostracizzato dagli stessi committenti e smembrato in cortometraggi. L’affresco socio-culturale, considerato troppo aspro e realistico, raccontava un territorio arretrato, fatalista, fortemente segnato dalle disuguaglianze sociali, dimenticato dal centro.
“Aperti al pubblico” a Visioni Italiane 2018
Dalla prima immagine di Aperti al pubblico, che incornicia nella sua fotografia il vecchio archivio cartaceo strabordante di fascicoli archiviati, possiamo respirare non solo l’atmosfera, ma persino la polvere, il pulviscolo atmosferico, l’odore stantio di ciò che è vecchio e immobile in alcuni (troppi) uffici della Pubblica Amministrazione. Ciò che incide tutti i giorni sulla nostra banale o disperata quotidianità. Il film che gira la Bellotti è una ripresa dal vero che non tradisce mai la sua vocazione ad essere sguardo sulla realtà e ci mostra in maniera lampante e quasi disarmante cosa possa voler dire oggi, sostenere uno “sportello aperto al pubblico”, in un contesto come quello della provincia di Napoli, per un’utenza della fascia sociale più bassa, quella degli assegnatari di alloggi popolari.
Il cinema che verrà. Autori a confronto
Un dialogo a più voci tra registi e produttori per fare il punto della situazione sul cinema di Bologna e dell’Emilia-Romagna, sui progetti in uscita e quelli ancora in corso di lavorazione: questo è stato “Il Cinema che verrà”, incontro svoltosi nell’ambito del Festival Visioni Italiane, che dedica una sua sezione ai progetti realizzati nella nostra regione. Il direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, scherza sulle condizioni atmosferiche nefaste della giornata, paragonandole allo scenario produttivo di oggi: «Anche se tutto sembra testardamente andarci contro, come noi siamo venuti oggi qui a parlare nonostante questo tempo, qui si continuano a far film». Basta vedere il numero di interventi per capire quanti sono i progetti in arrivo, molti dei quali vedono il supporto della regione.
Dario Albertini e “Manuel”, la finzione oltre il documentario
A Dario Albertini interessava soprattutto quel senso di confusione e di smarrimento che alberga nei cuori dei suoi ragazzi. Da qui viene la sua decisione di realizzare un film di finzione sulla storia di Manuel, anziché un documentario: “Volevo prendermi il tempo necessario per realizzare il progetto senza aver paura di perdere qualche frammento di quella realtà perché la macchina da presa era spenta”. Un ruolo di grande importanza è stato svolto dal produttore, Angelo Barbagallo, che ha permesso di svolgere le riprese in ordine cronologico: “È stato fondamentale perché Manuel è un racconto di formazione e ciò ha permesso agli attori di crescere insieme ai loro personaggi, di immedesimarsi giorno per giorno”
“The Good Intentions” a Visioni Italiane 2018
Una riflessione sul filmare e sul filmabile: se il passato non è filmabile, in che modo affrontarlo e ripensarlo? Con quali intenzioni capire il presente che si vuole filmare? Di modi ed intenzioni, The Good Intentions parla sin dal titolo: “non contano i modi ma le intenzioni” continua a ripetere la madre, che difende accanitamente il padre dei suoi figli. Se Stefano è cosciente di aver ereditato il bene e il male dal padre e Michele si misura quotidianamente con la necessità del perdono, a Beatrice interessa la comprensione di un lessico familiare che i suoi parenti provano a mitigare o dimenticare.
“Al di là del ponte” a Visioni Italiane 2018
Al di là del ponte è il frutto di un progetto di alternanza scuola-lavoro piuttosto inusuale che ha visto i ragazzi impegnati nella creazione di un vero documentario. Un ruolo di grande importanza è stato ricoperto da Silvia Rotondella, docente di materie letterarie presso il Liceo Sabin che ha fatto leggere ai ragazzi Le città invisibili di Italo Calvino e li ha invitati ad applicare quel libro alla realtà cittadina. Di conseguenza non ci poteva essere niente di meglio che trattare la realtà che i ragazzi vivono quotidianamente e di cui spesso ignorano le dinamiche sociali. Il progetto vuole fornire una narrazione diversa del quartiere rispetto a quella proposta dai media e dal vocio popolare.
Peter Marcias e il documentario sui documentari
Un documentario sui documentari: è questo il monumentale obiettivo che Peter Marcias, regista sardo, si è posto con il suo ultimo progetto, Uno sguardo alla terra. Il film nasce dalla volontà di recuperare uno dei più importanti lavori del cinema del reale, ovvero L’ultimo pugno di terra di Fiorenzo Serra (1965). Il documentario, che vide la supervisione di Cesare Zavattini, nacque su commissione della Regione Sardegna che voleva vedere celebrati i progressi del progetto di Rinascita, che invece Serra presentò in chiave dubbiosa e poco ottimista. Non godendo dell’approvazione dei suoi stessi committenti, L’ultimo pugno di terra fu smontato per realizzare dei documentari più brevi che invece circolarono in sala.
“Il club dei 27” a Visioni Italiane 2018
La vicenda reale di Giacomo Anelli nel documentario di Mateo Zoni è soggettivizzata, modellata per acquisire sembianze diaristiche, liriche, autoriflessive ma anche in grado di ospitare una densità saggistica, attraverso la rielaborazione di immagini di repertorio e materiali d’archivio. Il Club dei 27 inizia il racconto della passione di Giacomo per Giuseppe Verdi ricordando i momenti dell’infanzia in cui il nonno gli faceva ascoltare Pavarotti: “all’inizio sembrava uno che urlava” ma giorno dopo giorno gli era entrato nella testa. Ad undici anni Giacomo, che ascolta la musica di Verdi dall’età di due anni, desidera fortemente entrare nel Club dei 27.
“L’uomo con la lanterna” a Visioni Italiane 2018
“Il sogno è il primo genere letterario dell’umanità. Nel sogno siamo registi, attori e spettatori delle vite immaginarie che ci sono state narrate e di quelle che andiamo a comporre”, questo è l’incipit con cui si apre L’uomo con la lanterna di Francesca Lixi, vincitore del Premio Corso Salani al Trieste Film Festival 2018, una frase del filosofo Remo Bodei che vuole chiarirci con quale sguardo la regista abbia provato a dare forma alla vita di suo zio Mario Garau, bancario cagliaritano che dal 1924 al 1935 si ritrova a lavorare per l’Italian Bank for China a Tientsin e Shanghai.
Visioni Italiane 2018: Mateo Zoni tra Parma e Verdi
Mateo Zoni ha fatto un percorso geografico molto particolare: nato a Parma, si è trasferito a Roma circa dodici anni fa. Tuttavia tutti i suoi film sono stati realizzati nella sua terra d’origine, “come se avessi un teatro da posa qui” racconta con tenerezza. Il regista ha sottolineato l’importanza dei festival nella distribuzione di un film così sui generis: “fornisce un pubblico già fatto” al prodotto, che frequenta le proiezioni per quello che la manifestazione rappresenta. Tuttavia Visioni Italiane non è l’unica tappa per Il club dei 27: basta dare un’occhiata alla pagina Facebook del progetto per vedere tutte le date del lungo tour promozionale, che tocca diverse città italiane da Milano a Roma. “Intervenire nel mondo digitale può aiutare a far vedere questo lavoro”, spiega Mateo Zoni.