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“Queer” speciale I – La lussazione dello spirito
Un ibrido che si pone a metà, non senza una dose di incoscienza lynchiana, tra l’omaggio al testo portante della sua giovinezza e la totale demolizione della sua struttura lisergica, dimostrando che è possibile separare la vita dalla scrittura. Oltrepassando quindi la biografia e la lunga ombra nera incombente su qualsiasi successo Burroughs avesse potuto ottenere, Guadagnino ha preferito, a buon diritto, concentrare la sua attenzione sull’effettiva essenza del romanzo, esile e sfuggente, rivestendolo di una luce nuova e abbagliante: la drammatizzazione del desiderio.
“I ragazzi della Nickel” e la macchina da presa come organo
Nickel Boys funziona così: come con raccapriccio veniamo informati della metodicità con cui i bianchi hanno voluto insegnare a una comunità già ridotta ai margini della società a essere grata di avere un tetto sopra la testa, così riconosciamo, svincolata dalla menzogna, un’amicizia di una sincerità sconfinata, raccontata con benevolenza ed empatia, restituendoci tutta la sua inimitabile eredità. Raccogliendo l’esempio di Elwood, anche RaMell Ross sa perfettamente di non valere meno degli altri.
“La conversazione” speciale I – La maschera teatrale del sogno americano
Non solo denuncia politica e apologo morale, La conversazione è un gioiello della New Hollywood. Sviluppato indizio dopo indizio attraverso la forza drammatica di un volto anodino e significativo al contempo, in grado di aggiungere malinconia alla maschera teatrale del sogno americano, e con l’affascinante lavoro di Walter Murch, montatore e tecnico del suono, il cui contributo si è dimostrato fondamentale nel conferire sostanza a immagini ed emozioni.
“The Girl with the Needle” nel nome di una crudeltà estetizzante
Ispirato al caso di Dagmar Overbye, condannata per aver commesso, nella Danimarca degli anni Venti, nove infanticidi– probabilmente, venticinque, non completamente appurati, in mancanza di prove – The Girl with the Needle, riprendendo a partire dall’incipit il meglio di registi quali Ingmar Bergman (Persona), Friedrich Wilhelm Murnau (L’ultima risata) e Tod Browning (Freaks), esordisce squadernando un montaggio di volti.
“Conclave” in un mondo di giocatori e pedine
Conclave è un asciutto e classico thriller morale e, verso il finale, forzatamente fantapolitico del quale, al di là delle puntuali prove offerte da un cast che si sapeva di prim’ordine e della scrittura dell’esperto Straughan, resta poco di davvero memorabile. Non promettendo né più né meno di quanto prospettato dalla sua confezione. Perlomeno, in Conclave si ritrova un’interessante incursione in tematiche che avrebbero meritato una più approfondita indagine, quali femminismo e inclusività.
“Anora” e il tramonto del sogno americano
Anora, pur non sembrando un’eccezione nella galleria di dolci disgraziati di Baker, ha almeno quattro marce in più. Forse cinque, forse sei, prendendo in prestito la battuta con la quale l’impulsivo e sconsiderato Vanya, parlando di carati, finirà per convincere Ani a convolare a nozze. Erroneamente considerata una parente della più fortunata e iconica Vivian di Pretty Woman, Anora si rivela semmai la moderna sorella di Cabiria, figura resa immortale dalla coppia Masina-Fellini.
“All We Imagine as Light” in egual misura tra desiderio e solitudine
All We Imagine as Light, secondo film della regista Payal Kapadia, è una delle migliori pellicole dell’anno. Nonché una delle più originali degli ultimi anni, premiata meritatamente con il Grand Prix Speciale all’ultimo Festival: è una storia universale che mette al centro della sua indagine in egual maniera il desiderio e la solitudine, attraverso la parabola di tre donne che, messe da parte le relative differenze, stringono un’alleanza che va al di là della parola “amicizia”.
“Leurs enfants après eux” realistico e inafferrabile
Istintivo come il battito del cuore, il film è un melodramma su un’Europa in costante evoluzione non così lontana dall’attuale, frammentario e ribelle, come i prodotti che ambiziosamente desiderano diventare inni generazionali, senza però abbandonare un’evidente perfezione formale . Attingendo a piene mani nella libertà narrativa concessa dal romanzo di origine, Leurs enfants après eux è un’opera insieme realistica e inafferrabile.
“Quattro figlie” e il futuro che rompe col passato
Hend Sabri, i lisci capelli pettinati dall’acconciatrice, un ultimo tocco di rossetto, si riscopre agitata al pensiero di incontrare dal vivo una donna che ha deciso di raccontare la sua vicenda, ancora una volta in tono risoluto, sorgendo con l’ostinazione della ragazza ribelle che picchiava ogni uomo che le si avvicinasse. Almeno fino alla comparsa di colui che, dopo aver eluso sorveglianza e fortezza, fece breccia nel suo cuore. Si chiama Olfa, non soffre di alcun timore reverenziale.
“Hit Man” e la trasformazione della maschera
Qui non è soltanto l’identità a rivestire una capitale importanza nell’evoluzione della storia raccontata in Hit Man, liberamente tratto da un articolo di Skip Hollandsworth apparso sul Texas Monthly nel 2001. Difatti, immersi in un presente frammentato e incerto, Gary Johnson e i suoi compagni di sventura, criminali da strapazzo compresi, individuano soprattutto nel “cambiamento”, nella “trasformazione” la cifra esistenziale, la bussola da utilizzare per farcela. Poiché, ogni giornata richiede la sua specifica performance, la sua maschera.
“Il gusto delle cose” tra poesia di vita e danza del gusto
Come in Challengers di Luca Guadagnino, dove un match di tennis al meglio dei tre set si rivela l’espediente per discutere di desiderio, qui la cucina è il teatro delle passioni sul palcoscenico del quale si esprimono amore ed emozioni con douceur e misura. Dodin e Eugénie si amano senza dirselo. Costantemente s’attraggono e si cercano attraverso l’influsso delle rispettive abilità e talenti, dichiarando d’amarsi grazie al cibo e la poesia di una vita accompagnata dalla danza delle ore e delle stagioni, che si rincorrono divertendosi all’infinito.
“Il mio amico robot” e la meditazione sull’amicizia
Il film di Berger è una riuscitissima meditazione sulla solitudine, nella quale sia l’ironia sia la melanconia si amalgamano giocosamente, nonché sull’importanza dei legami, vecchi e nuovi. Non solo sul timore di perdere, un giorno come tanti, un’amicizia consolidata, speciale. Sul desiderio di rimanere al fianco del proprio o della propria mate, qualunque cosa accada, contribuendo alla formazione di un rifugio in cui ospitare il motore di una vicendevole serenità.
“Estranei” e la dolcezza come stile
Estranei, sotto gli ingenti strati di inquietudine e amarezza, è la paradossale storia di un ritorno alla vita, condotta con la discrezione e la raffinatezza altrettanto individuabili in ulteriori pellicole recenti, come Past Lives e Aftersun. L’ultima tessera, finemente modellata, di un denso, arricchente mosaico che ci invita a coltivare la gentilezza, a non ritenerla, liquidandola superficialmente, un difetto o una debolezza. Adottando la dolcezza come cifra stilistica.
“How to Have Sex” e la diseguaglianza del consenso
How to Have Sex, seppur contrassegnato da un incipit all’insegna del divertimento, il mezzo che concede alle tre protagoniste di eludere provvisoriamente una generale ansia per il futuro, è un film che richiede agli spettatori di prestare attenzione ai silenzi. Rispetto alla cornice, a emergere quali fondamentali aspetti nell’economia della narrazione, siano studiati e approfonditi o tracciati rapidamente, sono i piccoli gesti, le allusioni, le intuizioni e i non detti.
“The Eternal Memory” ritratto di un amore reale
La vita di Augusto Góngora, giornalista politicamente impegnato nel Cile di Pinochet, e Paulina Urrutia, attrice che, nei primi anni Duemila, ricoprì l’incarico di Ministra del Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti, è stravolta quando a lui viene diagnosticato l’Alzheimer. Giorno dopo giorno, i due affrontano questa sfida a testa bassa, affidandosi al tenero affetto e al senso dell’umorismo.
“Riabbracciare Parigi” e la consapevolezza della Storia
Ispirato all’esperienza vissuta dal fratello della regista, anche Riabbracciare Parigi, ultimo film di Alice Winocour, non diversamente da due pellicole recentissime, Novembre di Cédric Jimenez e Un anno, una notte di Isaki Lacuesta, prende spunto, pur senza farne esplicitamente menzione, dagli attentati del 13 novembre 2015. Discostandosi, tuttavia, sia dalle opere appena citate, sia da un’importante raccolta di articoli quale V13, attraverso cui Emmanuel Carrère ha riunito da una parte le testimonianze offerte da superstiti e parenti delle vittime, dall’altra illustrato la follia alla base del piano concepito dagli imputati.
“Mes petites amoureuses” di fronte all’illusione d’amore
Eustache, inaugurando un discorso che avrebbe proseguito e ulteriormente radicalizzato col successivo Une Sale Histoire (1977), collocandosi tra il rigore di Robert Bresson e l’inadattabilità esistenziale proposta in L’Enfance Nue di Maurice Pialat, dispiega la sua “verità” intrecciando sguardo e corpo. Daniel, in assenza di una madre affettuosa, abbandona gradualmente l’innocenza vissuta nella natia Pessac per meditare sul suo posto nel mondo.
“Ohikkoshi” e il nostro posto nel mondo
Venezia Classici riporta alla luce la storia di una figlia unica che tenta di aprirsi la sua strada, che incontra l’ignoto cercando la forza indispensabile per continuare ad affrontarlo. Ohikkoshi è una meditazione straordinariamente suggestiva sull’infanzia. Incentrato sulla crescita emotiva di una ragazza sensibile, si rivela un racconto peculiare sia per il valore di profondo affresco su un’età inquieta che per l’adozione d’una formula narrativa deliberatamente surreale che le conferisce l’andamento di un manifesto liberatorio
“La caza” e il conflitto senza uniformi
Per l’asprezza satirica, per la violenza, prima suggerita come se fosse una finezza da dosare con attenzione, poi brutale, il film suscitò dibattiti e sollevò polemiche. Tanto da indurre il regista Manuel Gutiérrez Aragón a dichiarare con forza che esista un cinema spagnolo prima dell’uscita del film e un altro dopo. Tuttavia, oltre ogni classificazione, viste le pochissime risorse impiegate per girarlo, è la storia di un confronto. In cui si mescolano anarchicamente realtà e fantasia, corpi e fantasmi, azione e immobilità, in cui si combatte un conflitto senza uniformi.
“Essere e avere” e la contemplazione dell’insegnamento
Racconto delicato e commovente dell’ultimo anno d’insegnamento di Georges Lopez, Essere e avere, ambientato nel piccolo comune di Saint-Étienne-sur-Usson, segue le vicende del maestro, in procinto di andare in pensione, e dei suoi tredici studenti. Apparentemente invisibile dietro la macchina da presa, Philibert, come un etologo à la Konrad Lorenz, fin dall’inizio, delinea una rassomiglianza tra il comportamento degli animali e degli esseri umani, familiarizzando con l’ambiente circostanze.