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“Kokomo City” e la parola senza censura

Kokomo City è un film che ragiona sui diritti e la tutela delle donne trans negli Stati Uniti, lo fa attraverso le parole di chi subisce ogni giorno minacce e soprusi e verso cui manca sia una risposta delle forze dell’ordine che dei media. La bravura di D. Smith nella creazione di quest’opera risiede nel creare uno spazio libero e incensurato dove sono proprio queste donne ha esprimersi in merito alla propria condizione di vita, senza retorica ed “eroismi”.

“Memorias de un cuerpo que arde” nel fuoco dell’archivio femminile

Memorias de un cuerpo que arde sancisce il corpo femminile come primo archivio della memoria. Il corpo, che si muove nello spazio, che subisce violenza, e che esplora il piacere non può che essere quello di una donna. Nell’evolversi della figura femminile in scena, la regista individua proprio la cassa di risonanza di mille pensieri e ricordi, di cose mai dette, di dolori celati; nel film di Antonella Sudassi Furniss il corpo di donna è un fuoco che divampa per attirare l’attenzione che non ha mai ricevuto

“La belle de Gaza” nel deserto emotivo

La camera si muove tra le strade di Tel Aviv, alla ricerca di una creatura mitologica: una donna, che ha viaggiato a piedi da Gaza alla città israeliana per poter essere pienamente sé stessa. Il documentario di Yolande Zauberman riflette l’idea di un viaggio attraverso un deserto emotivo, in cui manca la piena accettazione, verso l’oasi della transizione; l’opera mostra le condizioni delle molte donne trans che sono costrette a lavorare come sex worker e rischiano la loro vita ogni giorno sulle strade israeliane.

“The Protagonists” e il true crime pionieristico

Lo spettatore, perso nei manierismi e giochi creativi di un regista all’epoca ancora acerbo, a tratti si dimentica quasi che il fatto narrato sia realmente accaduto. Ovviamente questo è anche sintomo del fatto che The Protagonists è un film d’esordio, dopo il quale Guadagnino ha saputo crearsi una carriera ricca di successi e ottimi riscontri da parte della critica.

“Fase IV: distruzione Terra” e la fantascienza ecologista

Imparare a convivere e adattarsi ai mutamenti. Le specie animali l’hanno sempre fatto. Ora tocca all’umanità. Nel primo e unico lungometraggio diretto dal designer Saul Bass, la formica, considerata piccola e insignificante, sviluppa capacità intellettive simili a quelle umane, sviluppando tecniche di sopravvivenza e prevaricazione che potrebbero portarla al governo dell’intero pianeta. Vedendo Fase IV: distruzione Terra dopo cinquant’anni dalla sua uscita, adottare una chiave di lettura ecologista, date le evidenti problematiche legate al rispetto e allo sfruttamento dell’ambiente, è inevitabile: la natura si ribella all’uomo, lo sovrasta e lo pone in una condizione di subordinazione.

“Amadeus” nello sguardo di Salieri

La chiave della sensazionale riuscita del film sta proprio nel riuscire a giocare sulla iconicità di Mozart. Si racconta il “mostro sacro” della musica classica, se ne sfrutta il genio e lo si rende martire di una società che dà lui ha preteso troppo. Ma si racconta tutto questo senza, di fatto, raccontarlo: si sfrutta la figura di Mozart in quanto “semplice” soggetto che si muove in un piano narrativo, non come leggenda. L’unico a vederlo con gli occhi del fan devoto, di fatto, è Salieri, vero protagonista del racconto, di cui lo spettatore scopre l’io più intimo.

“Gloria!” nell’alto della musica

Gloria! presenta la vita di cinque abitanti dell’Istituto Sant’Ignazio; Lucia, Bettina, Marietta e Prudenza studiano musica con il Maestro Perlina, mentre Teresa lavora nell’orfanotrofio come domestica. Le loro vicende si susseguono sulle note di archi e pianoforte facendo della musica la sesta protagonista del film. È la musica che crea e comanda i rapporti tra i vari personaggi, è la musica che assume un ruolo centrale nel direzionare la storia ed è la musica che permette la liberazione dei corpi e soprattutto delle menti.

“Past Lives” speciale III – L’immagine dell’altro

La semi-autobiografia di Celine Song è un film in cui traspare non il doppio, ma l’individuo. Si tratta di un lungometraggio in cui la realtà viene filtrata attraverso l’esperire dei singoli personaggi e non da un soggetto collettivo come può essere la coppia innamorata, e che quindi travalica le aspettative legate al “film uscito a San Valentino”. Una piacevole e malinconica sorpresa accompagnata dalle note dei Grizzly Bear.

“Funny Games” e l’ossessione del dolore

Funny Games, nonostante la televisione a tubo catodico e il telefono cellulare con antenna esterna, risulta estremamente contemporaneo nell’evidenziare il distacco emotivo che lo spettatore, saturo di crudeltà, prova nei confronti della sofferenza altrui che sembra, poiché trasmessa mediaticamente. È forse il caso di riprendere la discussione sul confine tra realtà e finzione che Paul e Peter intrattengono sul finale dell’opera di Haneke?

Decostruzione dell’uomo violento: “Il popolo delle donne” e “Io e il Secco”

Il tema della violenza di genere appare a più riprese nella rassegna di Visioni Italiane. Tra i vari titoli spiccano, per sensibilità e scelte registiche, Il popolo delle donne (Yuri Ancarani, 2023) e Io e il Secco (Gianluca Santoni, 2023), lungometraggi presenti in programma come eventi speciali. Sono entrambi film che meritano plauso per il trattamento del tema: la regia e le scelte di sceneggiatura lasciano spazio alla mente di comprende e al cuore di sobbalzare di fronte una realtà spaventosa.

Speciale Barbie II – Tra dress code e valore politico

Un’opera che fa ridere tutti, riflettere alcuni e soprattutto sbeffeggia quelli che in questo branded movie riconoscono solo una mossa per guadagnare sulla lotta per i diritti e non quello che Barbie di fatto è: un lavoro che ci insegna a non prenderci troppo sul serio – perfino quando sui corpi delle donne e delle minoranze di genere si fanno delle guerre, quando non si può girare serenamente per strada, quando non viene riconosciuto il valore del proprio lavoro e quando già solo esistere si trasforma in un atto politico.

“Inland Empire” nel vortice della follia

Inland Empire è il primo film di Lynch girato completamente in digitale. Come spiegato da Mary Sweeney, qui produttrice oltre che sceneggiatrice,  l’opera è stata realizzata con telecamere digitali a bassa risoluzione per sottolinearne la vena artigianale. La colonna sonora è stata realizzata in buona parte dallo stesso Lynch, sviluppando sonorità artificiose in cui la voce umana, fortemente alterata, viene utilizzata a sua volta come strumento. Il restauro in 4K, realizzato da Criterion Collection sotto la guida dello stesso Lynch, e il remaster sonoro restituiscono in maniera ancora più evidente la natura “amatoriale” del prodotto audiovisivo.

Episodi di noia in Visconti e Antonioni

L’episodio Anna da Siamo donne, quello francese dei Vinti e Il lavoro da Boccaccio ’70 sono accumunati dal tema della noia. I protagonisti sono guidati, nel loro agire, dalla ricerca di una distrazione. Altro aspetto che accomuna le tre opere è il fatto che tutte sono ispirate a fatti realmente accaduti, pur romanzati per esigenze cinematografiche. Alla sceneggiatura di questi film, inoltre, ha sempre collaborato Suso Cecchi d’Amico.

Sul volto della Magnani la speranza e la disillusione nell’Italia del dopoguerra

Anna Magnani era e sarà sempre Bellissima. Il film diretto da Luchino Visconti sembra esserle cucito addosso. Un ritaglio di vita che supera i canoni del neorealismo, quelli che obbligavano la cinepresa e il pubblico a spiare da una porta accostata l’esistenza altrui; la sceneggiatura a sei mani (Suso Cecchi d’Amico e Francesco Rosi oltre allo stesso Luchino Visconti) dà modo a una protagonista femminile di conquistarsi per intero lo spazio scenico, esaltando non tanto la figura materna, quanto la persona che si cela dietro il ruolo di madre.

“Roma città aperta” sinonimo di purezza cinematografica

Il film diretto da Roberto Rossellini rende la capitale, distrutta dalle bombe, sfiancata dalla mancanza di viveri, un’eroina. Non è un film sul coraggio dei partigiani, ma sulla resistenza (quella scritta con la erre minuscola) della gente contro le avversità: c’è chi lotta, chi si arrende, chi è altruista e chi egoista; Roma città aperta, in un’ottica contemporanea, porta in scena tanto il dramma della Seconda Guerra Mondiale e dell’occupazione quanto gli struggimenti emotivi della vita quotidiana. 

Bologna e Molise in doc al Biografilm 2023

This Is Bologna di Lucio Apolito e Alvise Renzini narra i luoghi del capoluogo emiliano che sono destinati a sparire. Negozi di barbieri, cinema a luci rosse e locali di musica punk, consapevoli del fato avverso, tentano comunque di sopravvivere mentre la città cambia intorno a loro. Anche il Molise, quella piccola regione di cui molti mettono da sempre in dubbio l’esistenza, manifesta con forza il suo essere reale – e soprattutto vivo. Luigi Grispello, come i colleghi bolognesi, nel documentario Molise tropico felice presenta al pubblico quei paesini che ai nostri occhi non hanno futuro, ma che, per chi li vive, sono semplicemente immortali.

Il cinema favoloso di Roberta Torre

Vivere la vita secondo le proprie regole e proteggere la propria libertà sono temi che riaffiorano in tutta la filmografia della regista milanese; i titoli si sviluppano nell’universo sognante che il suo stile cinematografico crea: la sua regia alimenta la sospensione dell’incredulità, i suoi film sono illusioni infrangibili. Nel cinema di Roberta Torre si riconosce un’atmosfera fiabesca per quanto riguarda la messa in scena e la caratterizzazione dei personaggi: elementi fantasiosi, personalità sui generis, ambientazioni tanto vere quanto surreali e racconti che si sviluppano sul labile confine tra realtà e finzione.

“Come eravamo” 50 anni fa

Nonostante il lungometraggio di Pollack sia così perfettamente calato nel suo tempo e proponga evidenti e precisi riferimenti storici, l’amore che viene portato in scena trascende la periodizzazione dell’opera e commuove anche lo spettatore contemporaneo. Come eravamo è un chiaro esempio di perfetto equilibrio registico tra una recitazione drammatica e divistica – comunque capace di trasmettere con sincerità le emozioni – una sceneggiatura non eccessivamente patetica

“Babylon” speciale II – Il desiderio dell’eccesso

Babylon non è un film perfetto e da Chazelle, dati i gloriosi precedenti, si pretende una maggiore precisione nella realizzazione dei piani sequenza o nell’impalcatura di una sceneggiatura in questo caso carica di elementi narrativi non chiari. Al contempo, però, è un film che non lascia indifferenti; sorpresa, sdegno, incanto o puro e semplice mal di testa generato dal ritmo chiassoso delle scene, sono tutte reazioni che fanno riflettere.

“Forever Young” tra ingenuità e intensità

Bruni Tedeschi, insieme a Noémie Lvovky e Agnès de Sacy, scrive una storia sull’ingenuità e intensità del romanticismo giovanile, che travalica i confini della coppia e si riversa sul mondo che circonda questi studenti sfociando nello stravolgimento dell’io. La Tereszkiewic è quindi “folle d’amore” nel suo rapporto con Sofiane Bennacer, qui nel ruolo di Étienne (nel tentativo di non idealizzare la relazione fra i due, perché la co-dipendenza sentimentale non può essere vissuta con lo spirito “noi contro il mondo”).