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“La moglie dell’aviatore” dentro le traiettorie del cuore e del destino
Con La moglie dell’aviatore, Rohmer inaugura un esperimento antropologico (dopo la sociologia dei Sei racconti morali) costituito da una leggerezza formale e da una profondità di contenuti, in cui artificio e naturalezza si strizzano vicendevolmente l’occhio, basterebbe citare a tale proposito una delle ultime battute pronunciate da Anne: “La vita a me piace soprattutto quando assomiglia a un romanzo”.
“MaXXXine” come diritto al godimento
Si sente affermare troppo spesso che West è un citazionista pop che scherza con il cinema del passato, ma se questa definizione potrebbe in parte andare bene per il suo collega Eli Roth non si addice decisamente a lui, inquanto dietro allo spudorato velo del facile giochino cinefilo si nascondono riflessioni molto più pregnanti, come ad esempio il concetto di ridisegnare e risignificare il corpo femminile all’interno del cinema contemporaneo, filtrandolo attraverso l’estetica vintage.
“Pane, amore e fantasia” e l’aria di paese
Il film di Luigi Comencini, insieme a Poveri ma belli di Dino Risi, resta l’autentico manifesto della commedia neorealista, filone che ha aperto la strada alla commedia all’italiana, una forma-cinema decisamente storicizzata e cristallizzata nel tempo che riesce a restituire la dimensione sociale e antropologica dell’Italia del secondo dopoguerra, tra scampoli di miseria e sorrisi di speranza.
“Marcello mio” tutto sua figlia
C’è forse un equivoco alla base delle reazioni perplesse di molti addetti ai lavori e di parte del pubblico, perché Marcello mio non è un biopic su Mastroianni e nemmeno un semplice omaggio allo stesso, ma un’operazione molto più complessa e stratificata che gioca sul continuo ribaltamento tra messa in scena finzionale e vita privata, un corpo a corpo fiction/nonfiction che cerca di rielaborare il fantasma di Marcello e il suo mito attraverso la figura e i ricordi privati della figlia Chiara.