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“Paura dell’alba” prima di un futuro migliore

Il mediometraggio, girato in pellicola 35 e 16 mm, restituisce sia la dimensione intima, dolorosa e totalizzante dei giovani catapultati nella guerra, sia quella storica, ricostruita attraverso fonti scritte e immagini documentali. Quando alla fine il film ricorda che la notte è sempre scura prima dell’alba, il pensiero va alla democrazia nella quale oggi fortunatamente viviamo, nata anche dal buio e dalla paura di quelle notti.

Dante Ferretti parla. La bellezza imperfetta di Pasolini

Fra le tante collaborazioni con grandi registi da parte di Dante Ferretti, tre sono di più lunga durata e di maggiore profonda condivisione professionale: dal ‘64 al ‘75 Ferretti lavora con Pier Paolo Pasolini, dal ‘79 al ‘90 con Federico Fellini e dal ‘93 al 2016 con Martin Scorsese. E proprio al rapporto tra lo scenografo e Pasolini – che hanno collaborato per dodici anni realizzando otto film – è dedicato il recente volume edito da Pendragon, Bellezza imperfetta. Io e Pasolini, scritto dallo stesso Ferretti e curato da David Miliozzi.

“La conversazione” speciale II – Dal passato al nostro futuro

Oggi La Conversazione ci appare un film capace di dialogare con molte dimensioni diverse. Ci parla del passato: la tecnologia analogica che iniziava a minare la libertà individuale; la realtà che non era come appariva; il richiamo allo scandalo Watergate del cui clima di smarrimento e sconcerto sicuramente la pellicola si nutre. Ci riporta al nostro presente: l’invadenza della tecnologia – ora non più analogica ma digitale – nella vita privata e quotidiana; il conseguente rischio di svuotamento e perdita di identità a cui siamo anestetizzati.

“The Order” e le contraddizioni dello spirito americano

Kurzel usa il genere poliziesco per mettere in scena una caccia all’uomo incalzante, fatta di azione e assenza di retorica, che riesce però al tempo stesso a ritrarre i due protagonisti in modo efficace, scavando a fondo nelle loro fragilità e mettendo a fuoco, con la precisione di un mirino, le loro personalità. Oltre a usare fatti del passato come monito per la situazione politica attuale, il film pare essere anche una riflessione sullo spirito americano e sulle sue infinite contraddizioni.

“La stanza accanto” speciale II – L’amico come testamento

Il regista ci ripropone il gusto, già presente nelle sue ultime  pellicole, per una composizione delle inquadrature sempre più studiata, geometrica, dominata da colori squillanti e contrastanti (qui i complementari rosso e verde con incursioni di giallo, blu e viola accesi) e tinge nuovamente il melodramma di sfumature hitchcockiane  – dalle sequenze di Ingrid che sale la scala per spiare la porta rossa a quelle finali dalle tinte thriller, fra costruzioni di alibi e interrogatori – sottolineate dalla musica, a tratti ossessiva, di Alberto Iglesias.

“Giurato numero 2” speciale I – Eastwood e il mosaico della giustizia

Se consideriamo Giurato numero 2 come l’addio del novantaquattrenne Eastwood al cinema, possiamo leggere questo film come l’ultima tessera del mosaico che va a completare la sua opera. Quella verità in azione – quella giustizia che prima ancora che nei tribunali soppesa scelte e azioni dentro di noi – è un elemento che collega tanti suoi film: pensiamo per esempio a Un mondo perfetto, a Mystic River, a Gran Torino, ad American Sniper, a Sully  o ai più recenti Il corriere – The Mule e Richard Jewell .

“Atto di violenza” sulle cicatrici della guerra

Zinnemann parte da un pretesto in stile revenge movie – Frank si è macchiato di tradimento nei confronti dei suoi compagni e ora Joe li vuole vendicare uccidendolo – per costruire una storia di lenta ma serrata discesa negli inferi del senso di colpa. I passi strascicati della zoppia di Joe risuonano per tutto il film come il ticchettio di una bomba a orologeria, scandendo il tempo che rimane a Frank prima della deflagrazione finale: la resa dei conti col passato che lo insegue.

“E Johnny prese il fucile” con la guerra chiusa nella testa

Dalton Trumbo scrive il suo romanzo E Johnny prese il fucile nel 1939 ispirandosi alla storia vera di un soldato americano durante la prima guerra mondiale, che nella finzione diventa Joe. Pochi anni prima Louis-Ferdinand Céline scrive il romanzo di ispirazione autobiografica Guerra, ambientato durante lo stesso conflitto che ha per protagonista il soldato francese Ferdinand. Joe e Ferdinand sono giovanissimi, arruolati nella stessa guerra ma su fronti opposti. Entrambi feriti finiscono all’ospedale, con la guerra chiusa per sempre nella testa.

“Intrigo internazionale” in equilibrio perfetto e immortale

Nonostante l’elenco chiaramente riduttivo, per quanto ci si sforzi di enumerare gli ingredienti esatti è difficile riuscire a individuare l’esatta alchimia grazie alla quale Hitchcock ha dato vita a uno dei suoi capolavori senza tempo. Ancor oggi Intrigo internazionale gode di un intatto stato di grazia, di un equilibrio perfetto fra spionaggio, commedia sofisticata e sentimentale, fra suspense e ironia, fra leggerezza e riflessione esistenziale e sociale.

“Scarface” ossessivo, melodrammatico e seducente

“The world is yours”, leggiamo sul mappamondo dorato che si trova nell’atrio della lussuosa villa di Tony. Ma se durante la sua ascesa quel yours si poteva leggere al singolare, preannunciando l’avverarsi del sogno americano, nella caduta a chi si riferisce? Di chi è il mondo? Se alla fine nel film di Hawks il mondo non era più solo del suo villain ma anche dei poliziotti che lo giustiziavano e della società che si doveva fare carico del problema criminalità, nel remake di De Palma pare non esserci alcuna forma di speranza, giustizia o redenzione.

“La zona d’interesse” speciale III – L’attualità di Auschwitz

Glazer parte dal libro di Amis per darne una sua rilettura personalissima mantenendosi sì fedele ai temi di fondo, ma scarnificandoli, distaccandosi da vicende e protagonisti per concentrarsi da un lato sull’indicibilità e quindi anche sulla non rappresentabilità per immagini dell’orrore della Shoah, e dall’altro sulla figura di Rudolf Höss, che perde la connotazione grottesca e ridicola del romanzo per dar vita sullo schermo a “uno dei massimi criminali mai esistiti”, come lo ha definito Primo Levi e come emerge dall’autobiografia dello stesso Höss.

“Un colpo di fortuna” che non possiamo controllare

Allen questa volta al posto di Dostoevskij legge – e rilegge – Simenon, le cui atmosfere ritroviamo anche nel finale del film. Nel suo collaudato schema, che propone temi e dilemmi etici attraverso un racconto leggero, Woody aggiunge una riflessione: la fortuna non solo non la possiamo controllare ma la cerchiamo anche nel posto sbagliato. A volte il biglietto vincente della lotteria non si trova in un negozio ma dentro un bosco.

“Asteroid City” speciale I – Il filo rosso inafferrabile

Nonostante la loro molteplicità e sfaccettatura tutti i personaggi di Asteroid City hanno però un filo rosso che li accomuna: inseguono qualcosa di inafferrabile (sogni, speranze, vie d’uscita), hanno debolezze da vincere (paure, disillusioni, dolori), si trovano davanti a cose incredibili a cui sono costretti a credere (che sia la morte o un alieno che scende sulla terra). Questo continuo inseguire la vita senza riuscire ad afferrarla mai ci ricorda un po’ Willy il Coyote, che non appare ma in fondo abita un po’ questi personaggi, col suo spirito donchisciottesco stupito, ostinato e sognatore.

“A Strange Way of Life” e il desiderio del western

Almodóvar non vuole rifare il western classico, lo vuole reinventare. E lo fa senza eludere le caratteristiche di genere ma rivisitandole e aggiungendo al tutto una tensione ambigua, sotterranea e pronta a esplodere con violenza come accade in un altro western recente quale Il potere del cane di Jane Champion, a cui il regista ha confessato di aver guardato. Inoltre vanta una cornice di arredi, abiti e oggetti di scena elegantissimi, frutto della collaborazione con Yves Saint Laurent. 

“Amanti senza domani” per sempre

Con Amanti senza domani (titolo italiano poco felice rispetto all’originale e più neutro One Way Passage) Tay Garnett, sceneggiatore e prolifico regista – suo Il postino suona sempre due volte con Lana Turner – firma nel 1932 un piccolo gioiello in bianco e nero di soli sessantotto minuti: una commedia romantica e sofisticata, che richiama certi toni di Lubitsch, ma anche drammatica, che tratta temi pesanti come macigni – la malattia, la prospettiva di una morte prematura, l’assenza di futuro – con incredibile eleganza, leggerezza e ironia.

Dannati da qui all’eternità

Tutti associamo Da qui all’eternità all’immagine di Deborah Kerr e Burt Lancaster avvinghiati sulla spiaggia e accarezzati dalle onde, in una delle scene d’amore più iconiche della storia del cinema. Ma nel famoso film di Fred Zinneman del 1953 la traccia amorosa è in realtà solo uno dei tanti aspetti della vicenda narrata, basata sulle storie di vita e di amicizia di alcuni soldati all’interno di una base militare alle Hawaii, poco prima che l’America prendesse parte al secondo conflitto mondiale.

“Il pianista” memorie di un regista

Dentro al Pianista troviamo memorie, tracce, squarci che guardano, più o meno consapevolmente, all’infanzia di Polanski e che vanno a fondersi con i temi più ossessivi della sua filmografia: il passato che ritorna, la persecuzione per colpe non commesse, la molteplice incarnazione del male, il ruolo salvifico dell’arte, la realtà che sfuma in toni irreali, gli aspetti ironici della vita che viaggiano a braccetto con quelli macabri.

Uno, nessuno, centomila Philip Marlowe

Nessuna cicatrice visibile. Capelli castani, con qualche traccia di grigio. Occhi marroni. Un metro e ottanta per ottantacinque chili circa. Nome: Philip Marlowe. Professione: detective privato”. L’identikit – che in realtà ci dice assai poco di Marlowe e forse volutamente – è quello che Raymond Chandler tratteggia nel suo Il lungo addio, sesto romanzo, uscito nel 1953, con protagonista il famoso investigatore privato. Una descrizione vaga ma preziosa, per tutte le trasposizioni cinematografiche.

“Frankenstein Junior” tra ironia e cinefilia

 “Alive! It’s alive! It’s alive” (Vivo! È vivo! È vivo!). Rivedere la versione restaurata di Frankenstein Junior di Mel Brooks del 1974 sul grande schermo convince sempre più – caso mai lo si fosse dimenticato – che questo film è sempre vivo, un po’ come il suo immortale protagonista.  Dopo quasi 50 anni dalla sua prima uscita, stupisce non poco vedere come i meccanismi narrativi, le battute, i tempi, le musiche, la fotografia, gli attori, funzionino ancora alla perfezione.

“Argentina 1985” e la linearità della giustizia

Al centro del film il personaggio di Strassera, interpretato dell’intenso Ricardo Darín, uno degli attori più noti del cinema argentino contemporaneo (e protagonista, tra le tante pellicole, di Il segreto dei suoi occhi, premio Oscar 2010 come miglior film straniero). Mitre insegue una minuziosa ricostruzione storica che realizza attraverso una scenografia e una sceneggiatura molto accurate ma anche attraverso la ricerca della somiglianza fisica degli attori ai personaggi reali, quasi a voler catturare nel modo più fedele possibile oltre che lo spirito del tempo anche la sua immagine (in alcune sequenze sovrappone direttamente alcune fotografie del processo alle immagini del film).