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Il circo della mente. “La fiera delle illusioni” tra psicanalisi ed emarginazione
Tratto dal romanzo di William Lindsay Gresham, La fiera delle illusioni (Nightmare Alley) di Edmund Goulding è uno di quei film che si contraddistingue per un invidiabile ritmo e compattezza, esaltati dallo stile asciutto, dalla fotografia espressiva e dalle interpretazioni: tutti elementi che incidono sulla riuscita generale del film più del mero sviluppo della trama. È una storia di ambizione, dimensioni dell’ego e risvolti psicanalitici collocata dove non ti aspetti: tra un circo itinerante e i night club, dai bordi della rispettabilità sociale ai luoghi dell’intrattenimento dell’alta società, in un mondo dove comunque vigono gerarchie, invidie, successi e insuccessi, e diversi gradi di emarginazione.
Essere donna e spia. “Gli amori di una spia” al Cinema Ritrovato 2021
Gli amori di una spia è una commedia di spionaggio, dove i meccanismi del genere sono sfruttati per movimentare l’obbligatoria trama sentimentale. Il soggetto del rifugiato ucraino Leo Birinski e la sceneggiatura di Herman Mankiewicz danno al film un ritmo sostenuto e anche divertente, ma tutt’altro che farsesco. Guerra, spionaggio e controspionaggio sono giochi seri e pericolosi, ma lo è anche l’amore – come impara a sue spese Mata Hariche che fuori campo tradisce il suo lavoro per un uomo e ne paga le conseguenze.
Sfumature di risate. “Gambe da un milione di dollari” e “Laughter” al Cinema Ritrovato 2021
La molteplicità di soggetti e generi in cui è coinvolto Herman Mankiewicz parla da sola della versatilità del multiforme personaggio, di cui la sezione del Cinema Ritrovato cerca di rendere conto con una varietà di film diversissimi tra loro. Gambe da un milione di dollari, prodotto da Herman e scritto da Joseph Mankiewicz, è una sgangherata farsa sentimentale e sportiva, dove in tutti i campi dell’esistenza regna la mancanza di regole, compreso lo sport, la società, la fisica. Se Gambe da un milione di dollari è vero e proprio cinema comico ridanciano, Laughter, a dispetto del titolo, è una commedia trattenuta con momenti sia drammatici sia screwball ante-litteram (esce nel 1930), senza la caotica follia degli esemplari successivi.
L’ABC del noir. “Situazione pericolosa” al Cinema Ritrovato 2021
Situazione pericolosa spicca per la consapevolezza con cui utilizza alcuni elementi stilistici e meccanismi che diventeranno ricorrenti all’interno del genere: un incipit a omicidio già avvenuto e la conseguente struttura temporale a ritroso, che si sposta tra il presente e il passato per fare luce su una verità con molte facce; l’indagine, forse non particolarmente approfondita ma evidente, delle pulsioni e delle motivazioni psicologiche dietro la rete di relazioni squilibrate che si sviluppano attorno al “corpo in assenza” della vittima; un uso intelligente delle location urbane e notturne, dal night club, al cinema osé, passando per il diner. Il tutto immerso in un notevole apparato visuale, fatto di inquadrature oblique, di angolazioni espressive, e di una fotografia molto contrastata ed efficace (di Edward Cronjager, esaltata nel restauro in 4K curato da The Walt Disney Studios), che illumina e adombra oggetti e persone, guidando lo sguardo ed evidenziando i rapporti di potere e gli sbilanciamenti morali tra i personaggi.
Un truffatore dolente. “Man of the World” di Richard Wallace e Edward Goodman
La sezione dedicata a Herman Mankiewicz è stata, nelle parole del direttore Gian Luca Farinelli, la più complicata da mettere insieme, nonché l’ultima ad essere completata per questa edizione 2021 del Cinema Ritrovato. Come ha ricordato il curatore Philippe Garnier, è praticamente impossibile fissare in una manciata di film la carriera del poliedrico sceneggiatore, che disprezzava il suo ruolo ed era anche e soprattutto “story editor”, cioè impegnato a correggere, ritoccare, rimontare insieme gli scritti di altri. Difficile dunque rintracciare con precisione l’entità del suo apporto ai tantissimi film con cui ha collaborato, con alcune eccezioni: la pellicola che ha aperto la rassegna, Man of the World, è senza dubbio una sceneggiatura firmata da Mankiewicz.
La forma della suspense: “Orgasmo” di Frank Tuttle
Questo thriller stilizzato fa un ottimo uso delle scenografie bizzarre e disturbanti di Frank Paul Sylos, sfruttando il budget insolitamente alto per un film Monogram, casa di produzione specializzata in film di seconda categoria a basso budget. I set donano al film un’atmosfera tesa e straniante: l’espediente delle esibizioni della protagonista permette l’uso di coreografie e décor diversi tra loro ma quasi minimali, mentre è soprattutto il design dell’attico dei Leonard e della casa di montagna, con le loro scale contorte ed elementi d’arredo stravaganti, a contribuire a ispessire la suspense del titolo, l’attesa che accada qualcosa di terribile. La regia di Tuttle e la fotografia di Karl Strauss fanno il resto, sfruttando al meglio l’oscurità e i contrasti di luce e ombra, esaltando dettagli che presagiscono sventura, come l’onnipresente “cerchio della morte” di coltelli contorti attraverso il quale Roberta deve saltare nel clou del numero di pattinaggio.
Un film di denuncia, ma non troppo. “La setta dei tre K” al Cinema Ritrovato 2020
Storm Warning è uno di quei film di denuncia espliciti nel messaggio, ma forse meno coraggiosi di altri dalla finalità meno palese, formalmente efficace ma con molti dettagli datati e discutibili: dalla straniante e problematica assenza dell’elemento razzista, alla mera strumentalizzazione narrativa dell’omicidio del giornalista, dai distinguo tra membri del Klan e “brave persone” comunque aggrappate a pregiudizi e tornaconti personali, all’accumulo di azioni deprecabili. Il Klan è rappresentato come un’organizzazione criminale finalizzata per lo più ad arricchirsi, e il buon procuratore di Reagan, irreprensibile a parole, è in realtà piuttosto cauto nel fermare una setta che usa rituali tutt’altro che discreti.
Jean Grémillon e la doppia vita di Monsieur Victor
Il film è dominato dalla dualità del protagonista, tra esterni solari e vitalissimi e interni cupi e attraversati da linee nette come ferite, o sbarre di un carcere, in una Tolone popolare (brillantemente ricostruita in studio) allegramente confusionaria di giorno e oscura e pericolosa di notte. E anche i personaggi femminili, la moglie di Victor, e madre giudiziosa, Madelaine (Madeleine Renaud) e l’incontenibile Adrienne di Viviane Romance, pur non scontrandosi direttamente, sono personalità antitetiche ma tutt’altro che bidimensionali: Adrienne, pessima moglie e madre imperfetta, rimane fedele a se stessa a costo di rinunciare ai suoi uomini, rivendicando la scelta di non accontentarsi, mentre Madelaine riesce a volgere gli eventi in cui è suo malgrado coinvolta in un’occasione di apertura e cambiamento.
Le chiavi di vetro di Tuttle e Heisler
Il diverso tono dei due film dà luogo a un interessante caso di doppia variazione sul tema, incarnata dai due Ed rispettivamente interpretati da George Raft e Alan Ladd: il primo è diretto e ironico, a tratti persino spensierato, il secondo più obliquo e impassibile, capace di manipolazioni ben più ciniche. Differenze che riverberano sia nello stile – essenziale nel primo film, elaborato e supportato da una macchina da presa molto più mobile nel secondo – sia nell’andamento della narrazione intorno ai protagonisti: più asciutto e rapido La chiave di vetro di Tuttle, in cui il dettaglio determinante per la risoluzione finale è suggerito molto presto, più elaborato e grave quello di Heisler, che dà alle false piste una direzione più contorta e cupa, con la sequenza, assente nel primo film, dell’incontro alla villa dell’editore Matthews, che culmina in modo drammatico.
“Tutto finì alle sei” e il mito hollywoodiano del criminale con un cuore
Mentre è diretto in auto verso le montagne, un uomo incontra e aiuta una scalcagnata famiglia composta da due nonni e una nipote diciannovenne, Velma, in viaggio dall’Ohio verso Los Angeles. Proprio una brava persona, commenta il nonno, subito prima che una pagina di giornale ci informi che l’uomo è Roy Earle, rapinatore nemico numero uno dell’FBI, incredibilmente rilasciato in anticipo dalla prigione. Così inizia Tutto finì alle sei (I Died a Thousand Times) di Stuart Heisler, remake di Una pallottola per Roy di Raoul Walsh, la cui sceneggiatura è stavolta accreditata al solo W.R. Burnett, autore del romanzo originario High Sierra.
“Le forze del male” e il noir politico di Abraham Polonsky
Non sorprende che Martin Scorsese abbia descritto Le forze del male di Abraham Polonsky come uno dei film più influenti per la sua carriera. Questo noir sorprendente incentrato sulle lusinghe del denaro e sulla capacità metamorfiche della criminalità presenta diversi elementi che ricompaiono nella filmografia scorsesiana: la natura complessa e ambivalente del rapporto fraterno tra l’avvocato della malavita Joe Morse e il fratello maggiore Leo; la voce narrante del giovane arrivista accecato dall’arricchimento facile del percorso malavitoso; la descrizione dettagliata del sistema criminale delle scommesse nelle sue diverse sfumature di illegalità, connesse a motivazioni e contesti altrettanto diversi.
Un tocco di Frank Tuttle e Stuart Heisler tra Cary Grant e Bette Davis
Diversi, eclettici, entrambi al lavoro per la Paramount e ugualmente relegati ai margini del canone hollywoodiano, Frank Tuttle e Stuart Heisler sono protagonisti della retrospettiva curata da Eshan Khoshbakht, I fuorilegge: Frank Tuttle vs. Stuart Heisler, al tempo stesso appaiati per affinità di vedute politiche e messi in contrapposizione da quel versus nel titolo: a sottolineare la natura comparativa della selezione e la differenza stilistica dei due registi, che rappresentano il perfezionamento del mestiere della regia e la capacità di muoversi tra i generi più disparati sfruttando i talenti a disposizione.