Luisa Djabali
“Rocketman” assolto con formula piena
Rocketman ci mostra come spesso il processo creativo si nutra dei dolori dell’uomo. Più il suo successo cresce, più la sua vita privata sprofonda. Il dolore per il protagonista diventa la conditio sine qua non per poter esprimere il suo folgorante talento artistico. Quello vissuto da Elton è un dolore espanso, totalizzante, ramificato in ogni sfera del privato: famiglia, amore, amicizia. Un disperato bisogno d’affetto che per anni combatte a colpi di autodistruzione. Dalla bulimia al sesso compulsivo, all’abuso di alcol, droghe e psicofarmaci, non c’è una strada per l’autodistruzione che Elton John non abbia percorso con caparbia determinazione.
“La favorita”, una seducente gabbia dorata
Ipnotico, seducente, a tratti inquietante, Lanthimos non risparmia allo spettatore nessuna delle bassezze morali e delle volgarità carnali che si perpetravano all’interno delle regge settecentesche. Ci sentiamo come intrappolati, obbligati ad assistere al ripugnante processo di decomposizione del corpo della regina – martoriato in egual modo dalla gotta e dall’ingordigia – e allo sconfinato arrivismo dei cortigiani, disposti a vendere la propria dignità ed i propri corpi pur di beneficiare dei favori reali. Una gabbia dorata resa claustrofobica e asfissiante da uno smoderato utilizzo del fish eye attraverso il quale il regista e il suo direttore della fotografia Robbie Ryan, ci costringono ad assistere al decadente spettacolo di miseria umana che ci si palesa davanti.