Marianna Curia
“Lezioni di piano” tra silenzio e suono
L’utilizzo di musica originale contemporanea su una storia di ambientazione ottocentesca – fin dall’inizio lo spettatore-ascoltatore viene disorientato rispetto ad una scelta di regia che non è didascalica – riporta al tema del rapporto tra rispetto e sovversione delle convenzioni: le sperimentazioni musicali del Novecento che vogliono decomporre o distruggere gli schemi formali della musica colta del secolo precedente, riportano – musicalmente – alla volontà della protagonista di infrangere le regole della compostezza sociale rifugiandosi, ad esempio, in un mutismo che è psicologico, non certo biologico (capiamo davvero che Ada non parla ma ci sente quando è lei che si accorge che il pianoforte è accordato, dopo che il complicato trasporto nella casa di Baines faceva supporre che non lo fosse).
Riabilitare Amy: che cos’è un documentario biografico?
Perché vedere il documentario di una star morta? Se le attese spettatoriali devono ritenersi soddisfatte dal gossip rivelato da un biopic – che riporta aspetti inediti della vita artistica e psicologica del personaggio che racconta – l’analisi formale del critico cinematografico deve osservarne la struttura cercando di prendere le distanze dalla logica emotiva del fan. Paradossalmente, il filone del biopic musicale che mette a tema la vita dissoluta di una star sembra non volere (o non potere) sminuire il personaggio con informazioni su comportamenti dissoluti, ma anzi rafforzare l’aura mitica dell’artista geniale e maledetto quasi come uno specifico del genere. Insomma, ciò che non ha fatto Amy in vita lo fa lo spettatore all’uscita dal cinema: la rievocazione del mito attraverso i discorsi sul film, non è probabilmente anch’essa una forma di riabilitazione?