Rebecca Ricci
“Dal pianeta degli umani” e il cinema di pensiero di Giovanni Cioni
In un montaggio d’impulso, associativo, la storia procede via via in una stratificazione temporale e materica: dai filmati d’archivio allo sci-fi degli anni ’40, dai filmini domestici e rivieraschi agli occhioni lucidi di anfibi notturni: il cinema di Cioni non è tanto di parola quanto di pensiero, un discorso che si muove libero tra le diapositive e le voci narranti — che sfiorano i saggi di Chris Marker — e il ragionamento individuale mosso secondo la logica chiusa e inoppugnabile della riflessione privata, dell’investigazione personale condivisa in fieri.
“Milano calibro 9” cinquant’anni dopo. La città di zucchero e catrame
In una sorta di determinismo ambientale le storie sulla mala milanese non permettono di raccontare i personaggi senza prima mostrare nel dettaglio i luoghi che abitano. E così le ambientazioni di Scerbanenco prima, e di Fernando Di Leo poi, hanno il pregio di sopravvivere a una Milano che cambia, sovrapponendosi alla topografia di una città nuova e smagliante, che per niente al mondo ora ricorda quella precisa rarefazione di Milano Calibro 9 o la precarietà dei cantieri e degli sfasciacarrozze di La Mala ordina (sempre del 1972, il secondo film della cosiddetta trilogia del milieu) .