Sara Tongiani
Sotto i cieli di Seul: l’epoca d’oro del cinema sudcoreano
Malgrado l’industria cinematografica in Corea nasca e si sviluppi rapidamente a partire dagli anni Venti del Novecento, solo alla fine degli anni Sessanta, e quindi dopo le alterne vicende storiche, la cinematografia sudcoreana si esprime compiutamente attraverso un gruppo di registi diversi fra loro ed estremamente talentuosi: Kim Ki-young, Yu Hyun-mok, Shin Sang-ok e Kim Soo-yong. A questa generazione di autori, veri e propri maestri, è dedicata la sezione “Sotto i cieli di Seul: l’epoca d’oro del cinema sudcoreano”, che raccoglie e presenta alcuni capolavori di un decennio segnato da uno straordinario rinnovamento sociale, politico e artistico. Si tratta di film che esplorano le possibilità del realismo, del racconto di genere o ancora dell’adattamento letterario, che riflettono alcuni riferimenti cinematografici lontani e precisi, tra cui spiccano i nomi di Rossellini, De Sica e Antonioni, costruendo allo stesso tempo l’estetica peculiare e composita del cinema sudcoreano
“Cielo infernale” di Youssef Chahine al Cinema Ritrovato 2019
Con Cielo infernale (1954) Youssef Chahine affronta direttamente le conseguenze sociali e politiche della rivoluzione del 1952, quella dei Liberi ufficiali, e della prima riforma rurale, rappresentando nitidamente il tentativo di emancipazione dei lavoratori: quei “braccianti” tradizionalmente schiacciati dal sistema feudale a servizio del Pascià. Assecondando ancora una volta la predilezione per il racconto corale, la contaminazione fra i generi e la sovrapposizione fra la Storia e le storie, Chahine si concentra quasi pittoricamente sulla rappresentazione dello scarto profondo e apparentemente insanabile che divide la famiglia del Pascià dalla massa di contadini. Costruito ricorrendo a vere e proprie coppie oppositive che descrivono ricchezze e povertà dei personaggi,