Il cinema di Takeshi Kitano è capace di sorprendere sempre, di stravolgere le aspettative con deviazioni e trasformazioni inaspettate. Su questa scia di cambiamenti inattesi si può collocare il nuovo Broken Rage il cui titolo tutto ispira fuorché una commedia tendente al demenziale.

Dopo il jidai-geki Kubi, proiettato in anteprima a Cannes nel 2023, Kitano cambia ancora e torna dietro e davanti la macchina da presa con una pellicola che racchiude, nelle due parti di cui è composta, il film e la sua parodia. Un’opera di grande libertà e leggerezza disegnata per il piccolo schermo, infatti si tratta di un prodotto Amazon.

Già da Violent Cop, il suo film d’esordio dopo l’abbandono della televisione e della sua attività di comico, Kitano ha usato i codici dello yakuza film per smontarli e costruire qualcosa di diverso, che unisse più generi e mostrasse una sfumatura comica o grottesca. Questo è ancora più evidente nella trilogia Outrage, ma soprattutto nella curiosa commedia Ryuzo and the Seven Henchmen del 2017 in cui il regista si diverte ad osservare cosa succede portando i personaggi di un classico yakuza nel mondo reale. Quindi si può dire che Broken Rage arrivi inaspettatamente, ma non troppo.

Il film è diviso in due parti in cui la seconda ripropone lo stesso intreccio della prima ma con un tono demenziale e parodistico. “Beat” Takeshi, da sempre alter ego di Kitano, questa volta indossa le vesti di Nezumi, detto il topo, sicario della yakuza che commette omicidi per conto di un certo “M”, il quale gli recapita ordini attraverso delle lettere recapitate in un ristorante. Dopo due omicidi, però, Nezumi viene arrestato e i due detective che gestiscono l’operazione gli propongono di infiltrarsi come spia all’interno di un clan che gestisce il traffico di eroina in città.

La prima parte del film ha già in sé degli elementi comici, concentrati nella figura del suo protagonista: un uomo anziano, dall’andatura caracollante che uccide con la serenità di un giardiniere che cura le begonie. La seconda mostra quello che forse è il vero volto di “Beat” Takeshi e lo riporta alle sue origini televisive, ai programmi di intrattenimento dall’umorismo semplice ma straordinariamente efficace. Così vediamo Nezumi che cade dalla sedia, prende porte in faccia che viene preso in giro dai poliziotti o squittisce nel momento in cui gli viene ricordato il suo soprannome.

Da sempre Kitano ha lavorato sul sottile legame che unisce la violenza alla comicità come se in qualche modo l’una sia inseparabile dall’altra. Non si tratta di rendere la violenza digeribile o di giustificarla, ma forse più di mostrarne l’irrazionalità. Infatti bisogna chiedersi: qual è il meccanismo che ci porta a ridere di fronte ad una scena violenta? Perché vedere Takeshi che spara a freddo ad un gangster eccentrico in un night club stimola una risata?

Forse perché umorismo e violenza si basano sullo stesso principio, cioè sulla sproporzione tra un'azione e la sua reazione, tra premessa e conseguenza. Sia chiaro che è ampiamente possibile realizzare scene violente che non causino il riso, e ci sono un’infinità di film a dimostrarlo, ma Kitano sceglie una strada diversa, una via di mezzo che sveli l’insensatezza dell’omicidio, la sua brutalità talmente esagerata da risultare comica.

Questo vale anche per il personaggio stesso di Takeshi che nel corso della sua lunga filmografia è apparso come uno con cui non si scherza. Così in Broken Rage Kitano gioca col suo alter ego, con la sua espressione minacciosa, trasformandola nel suo opposto, quella di un anziano che sente su di sé il fardello dell’età. Vederlo stramazzare al suolo in più occasioni ha un effetto quasi struggente, è l’umiliazione di un uomo che ha suscitato emozioni fortissime in film come Sonatine o Hana-bi. Ma fa tutto parte del piano.

Kitano è allergico alle etichette, intollerante a qualunque tipo di definizione gli si possa affibbiare. In quel viso reso impassibile, dal tragico incidente che ormai trent’anni fa l’ha quasi portato alla morte, convivono più anime in contraddizione tra loro ed è proprio questa fluidità che ha reso il regista giapponese uno dei più amati del mondo.