Marlene prima di Marlene Dietrich, prima di Lola Lola in L’angelo azzurro (Joseph von Sternberg, 1930) e prima della leggendaria carriera negli Stati Uniti. Marlene che calca i palchi del teatro viennese e ottiene i primi ruoli cinematografici. Marlene non ancora del tutto femme fatale e diva riconoscibilissima per le sottili sopracciglia, la personalità fredda e calcolatrice e per la particolare e iconica fotogenia conferitagli dal direttore della fotografia Lee Garmes. La pressoché inedita ai più “Marlene prima di Marlene Dietrich” è presente in svariate produzioni tedesche e austriache tra cui, oltre Il bacillo dell’amore (Robert Land, 1928) e La nave degli uomini perduti (Maurice Tourneur, 1929), Café Elektric (1927) di Gustav Ucicky.
Prodotto dalla Sascha Film, la casa di produzione austriaca più influente del periodo (vi lavorano infatti anche Alexander Korda, Ernst e Hubert Marischka, Conrad e Robert Wiene) Café Elektric è l’ultimo film che il produttore Sascha Kolowrat-Krakowsky riesce a vedere alla luce prima della sua morte avvenuta nel 1927. Kolowrat-Krakowsky viene principalmente ricordato per aver prodotto pellicole appartenenti ai più svariati generi cinematografici e per aver salvato dall’invio al fronte molti registi austriaci, impiegandoli in produzioni cinematografiche di propaganda durante la Grande Guerra. Gustav Ucicky, regista di film a sfondo propagandistico e di genere romantico, dà il suo contributo alla Sascha Film con tre lungometraggi prima del trasferimento in Germania, in seguito alla morte di Kolowrat-Krakowsky e al fallimento della casa di produzione.
Café Elektric è dotato di una trama piuttosto in linea con le produzioni di stampo drammatico-amoroso dell’epoca. Tratto dall’opera teatrale Die Liebesbörse di Felix Fischer, la pellicola segue l’intrecciarsi di duplici relazioni tra più personaggi. Presso il vivace Café Elektric si incontrano Ferdl (Willi Forst), borseggiatore, ed Erni (Dietrich), figlia di un ricco costruttore. Allo stesso tempo il locale è frequentato da Hansi (Nina Vanna), una prostituta di cui Ferdl è innamorato, e da Max, instancabile corteggiatore di Erni. Una sorta di commedia degli equivoci, a Café Elektric manca l’ultimo rullo ad oggi perduto: il bene trionfa sul male, ci informano le didascalie del restauro di Filmarchiv Austria, e il sacro ordine dei valori morali, momentaneamente accantonato, di fine anni Venti viene infine ristabilito.
Sebbene Marlene Dietrich non ricopra il ruolo di diretta protagonista nei film muti di fine anni Venti, la sua presenza scenica è fin da subito preponderante. Nonostante l’aspetto estetico ancora abbastanza semplice (si è ancora lontani dalla ricercatezza stilistica a cui abituerà il pubblico qualche anno dopo), i lunghi balli a ritmo di jazz, i primi piani e i mezzi primi piani esaltano un’energia tale per cui il passaggio da Marlene a Marlene Dietrich e da attrice a diva risulta estremamente naturale. Nessuna forzatura o imposizione, solo l’autentica evoluzione di un’icona.